Boom di poveri nel 2013

ROMA: Confcommercio ha lanciato un allarme molto inquietante. Nel 2013 le persone “assolutamente povere” in Italia saranno più di quattro milioni. Molti di più di quelli che erano stati contabilizzati dall’Istat nel 2011.

Considerando che le persone assolutamente povere erano meno di 2,3 milioni nel 2006, ne possiamo dedurre che l’Italia, in cinque anni ha prodotto circa 615 nuovi poveri al giorno, per un totale di un milione e 120mila poveri assoluti aggiuntivi tra  2006 e il 2011. E le previsioni indicano che quest’area di disagio grave è destinata a crescere ancora.

Il dato, con una previsione massima di 4,2 milioni di poveri totali, è contenuto nel Misery index Confcommercio (MiC), il nuovo indicatore macroeconomico mensile di disagio sociale messo a punto dall’ufficio studi dell’associazione dei commercianti che è stato presentato in occasione della prima giornata del Forum di Cernobbio.

Questo indicatore fotografa la situazione dei disoccupati, dei cassaintegrati e il tasso di variazione dei prezzi di beni e servizi acquistati.

“I dati statistici dicono di condizioni economiche e sociali difficilissime: la crisi economica si sta trasformando in crisi sociale. E’ come se l’orologio produttivo della nostra economia fosse tornato indietro di quasi tredici anni, ai primi anni Duemila”: ha detto il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, commentando i dati resi noti dall’Ufficio Studi confederale. “Siamo di fronte – ha continuato Sangalli – al più difficile tornante della storia economica repubblicana, in cui i costi economici e sociali della crisi si sono sommati alla crisi dell’etica pubblica e della politica”.

Uno dei punti critici che emerge dal rapporto è la relazione, in Italia, tra gli occupati e la popolazione che si attesta su un 37,9 per cento perdendo, dal 2007, un punto e mezzo. In Germania invece l’indice è al 49,3%, in Francia al 41,6%. Con un segnale chiaro: la crisi ai tedeschi ha portato un continuo aumento degli occupati: nel 2007 il rapporto con la popolazione era “solo” del 46,5%, con una crescita in termini reali di due milioni di posti di lavoro.

Secondo Confcommercio “il tema del lavoro è centrale in qualunque seria strategia di uscita dalla crisi strutturale. Una parte della progressiva marginalizzazione economica che il nostro Paese subisce è spiegata proprio dalla scarsa partecipazione al mercato del lavoro.”. Per rimanere alla disoccupazione giovanile, riguardo all’anno 2011, quindi prima di un periodo di forte aggravamento della crisi, in Spagna nella fascia 15-24 anni era pari al 43% e raggiungeva picchi di oltre il 50% in alcune regioni. “Per l’Italia – spiega Confcommercio – la situazione è soltanto un po’ meno grave: in Campania e Sicilia la disoccupazione giovanile era nel 2011 più prossima al 45 che al 40%. La Germania, nei casi peggiori, è a un terzo dei nostri valori. E’ del tutto chiaro, quindi, che la crisi economica confina ormai con la crisi sociale. Non si tratta di lanciare allarmi – è la riflessione di Confcommercio – ma di considerare i dati per quello che sono”

Altro settore in crisi sará quello delle imprese del terziario. Secondo le previsioni che emergono dallo studio di Confcommercio avremo una perdita netta di altre 90mila imprese di questo settore nel biennio 2013-2014.

Il rapporto sfata invece il “falso” mito degli italiani come popolo di fannulloni. Le analisi parlano chiaro: sia nel caso dei lavoratori dipendenti sia in quello di professionisti e autonomi, nel 2011 hanno lavorato in media 1.774 ore ciascuno. Vale a dire il 20% in più dei francesi e il 26% in più dei tedeschi.
Il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli a Cernobbio ha fatto un appello alla politica perchè “assuma adesso, superando ogni divisione, la responsabilità di dare al paese un governo in grado di rispondere all’emergenza economica e di preservare la coesione sociale”. In questa fase “un ritorno alle urne sarebbe drammatico, bisogna fare un governo che disponga di interventi urgenti per far ripartire l’economia reale”.

 Giuditta Tazzi

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