L’ira di Monti contro Terzi: “Ha altri fini”

ROMA  – ”Il vero obiettivo di Giulio Terzi è un altro e si vedrà presto. Sono stupefatto da quello che ha fatto e da quello che non ha fatto”. Mario Monti va in Parlamento a riferire sui marò e sulle dimissioni del ministro degli Esteri e non nasconde tutta la sua irritazione per quel gesto ”inconsueto” piovuto come un macigno sull’ultima coda, già non facile, del suo mandato.

Ma anche e forse soprattutto sul suo ‘dopo governo’. Un mandato dal quale ”non vede l’ora di essere sollevato”, è lo sfogo del Professore alle Camere di fronte al fuoco di fila del centrodestra che chiede anche le sue dimissioni dopo quelle dell’ormai ex responsabile della diplomazia.

“Rispondo solo alla mia coscienza”, replicherà poco dopo Terzi, postando su Facebook la sua difesa che suona come un contrattacco: ”Non c’è nessuna finalità personale” nelle mie dimissioni, scrive sul social network, rinviando ”al mittente” quella frase del Professore che interpreta il suo gesto come una prossima discesa in politica interna. Ma non solo: l’ambasciatore, sparito dai radar il giorno dopo il clamoroso gesto in aula, smentisce anche le ”accuse di aver informato la stampa con eccessivo anticipo” sulla decisione – poi revocata – di non rimandare i marò in India. E, ancora, rivendica la sua decisione di annunciare l’addio in Parlamento: un atto ”irrituale”, lo aveva bollato il Quirinale; un ”atto che ritengo legittimo in democrazia”, è invece la lettura di Terzi.

Quello che già l’altro ieri era apparso come un vero e proprio strappo con il premier ed il governo diventa così battaglia in Parlamento. E non solo tra Mario Monti e Giulio Terzi, ma anche tra il governo dimissionario e quel centrodestra che per un anno lo aveva sostenuto: molti i banchi pidiellini vuoti sia alla Camera che a Palazzo Madama (dove erano assenti anche molti senatori M5S) durante l’informativa del Professore. Mentre l’attacco più virulento lo sferra Renato Brunetta.

– Lei ora può anche dimettersi visto che lo avrebbe fatto se non l’avesse dissuaso il Capo dello Stato pur di occupare lo scranno più alto del Senato –  tuona il capogruppo azzurro a Montecitorio, parlando di una ”tragedia”, quella dei maro’, ”figlia del tradimento morale di un mandato che questo Parlamento aveva affidato al suo governo”.

E Maurizio Lupi rincara la dose con la frase ”chiedendole di far rispettare il regolamento” contro ”parole sconvenienti”. Anche Ignazio La Russa – l’esponente di Fratelli d’Italia che ieri aveva aperto uno spiraglio a una candidatura di Terzi – attacca a testa bassa.

– La conduzione del caso dei due fucilieri, culminata con le dimissioni del ministro, credo sia la goccia che fa traboccare il vaso – afferma -. Monti dovrebbe interrogarsi non solo sulla necessità di dimettersi da premier ma anche da senatore a vita.

Dai banchi del Pd, invece, Enrico Letta stigmatizza il gesto di Terzi che ”ha fatto macerie delle nostre istituzioni”.

– Non hanno guadagnato nulla i due marò, le loro famiglie, il prestigio e l’orgoglio del nostro Paese e i militari italiani – commenta. Un copione girato in una giornata gia’ difficilissima sul fronte politico delle consultazioni, mentre le famiglie dei marò insistono sulla necessità di far rientrare i due fucilieri.

– Preferiamo non entrare nel merito delle questioni politiche, noi vogliamo che tutto venga focalizzato sulla collaborazione per riaverli a casa – implora la moglie di Salvatore Girone, Vania Ardito. Un obiettivo che, torna a ripetere Monti, è quello del governo, la cui priorità è la loro ”dignità, incolumità e sicurezza”.

Il premier non si sbilancia – la ”prudenza deve accompagnare qualsiasi valutazione” – ma spiega alle Camere che ”negli ultimi giorni è stato avviato un dialogo politico e un percorso verso una soluzione rapida”. Con un paese, l’India, che aveva mostrato chiusure e con il quale decisioni diverse da ”quella presa avrebbero comportato contrapposizioni frontali”.

Anche sul piano economico e di ”isolamento internazionale”, aggiunge riferendo di aver avuto notizia da Staffan De Mistura (nominato insieme a Marta Dassù, viceministro alla Farnesina) che i Brics – di cui Delhi fa parte – stavano già prendendo in considerazioni misure contro l’Italia. La decisione di rimandare i due fucilieri a New Delhi, con le necessarie ‘rassicurazioni’ sul loro trattamento e sull’esclusione della pena di morte, è stata ”difficile ma necessaria” per la ”credibilità dell’Italia, dell’uniforme che indossano con giusto orgoglio e per consentire di riportare il caso nell’alveo della controversia tra due Stati sovrani”. Ma niente ”scambi o accordi riservati”, assicura, ”respingendo con forza anche qualsiasi illazione su possibili interessi economici” che abbiano ”influenzato” il governo.