Onu: commercio armi, verso un accordo storico

NEW YORK  – Nazioni Unite vicine allo storico accordo sul primo Trattato internazionale sulla compravendita delle armi, e con il sì degli Stati Uniti, grazie all’ennesima svolta impressa dal presidente Barack Obama. Al termine di due settimane di negoziazioni al Palazzo di Vetro a New York, Iran e Corea del Nord hanno impedito il raggiungimento di un accordo unanime del trattato. Ma i sostenitori del documento Onu per regolare il multimiliardario commercio delle armi convenzionali sono ottimisti e sperano su un largo consenso in caso di voto in Assemblea Generale la prossima settimana, dove si punta a ottenere l’approvazione da parte dei due terzi dei 193 Paesi.

Secondo quanto rivelato da fonti diplomatiche, gli Stati Uniti sono finalmente pronti a firmare il testo. L’ultimo tentativo di negoziazione, nel luglio scorso, si era concluso con un nulla di fatto proprio perchè Usa, Russia e Cina avevano chiesto più tempo. L’ipotesi sempre più vicina del via libera americano ha però suscitato le ire della National Rifle Association (Nra). La potentissima lobby pro-armi statunitense ha definito il trattato un attentato al diritto sancito nel Secondo Emendamento della Costituzione Usa, quello che garantisce a tutti il possesso di pistole e fucili per la legittima difesa. Insieme ai suoi alleati in Congresso ha fatto pressione, fino all’ultimo, contro il documento Onu. Oltre a Iran e Nord Corea, anche la Siria ha manifestato obiezioni al testo. Ora si punta ad arrivare almeno alla maggioranza dei due terzi in Assemblea Generale.

– Siamo fiduciosi, ci sono buone probabilità che il testo venga approvato – ha spiegato la responsabile dell’ong Oxfam, Anna MacDonald, responsabile per la campagna sul controllo delle armi.

Il trattato definisce per la prima volta gli standard internazionali per la compravendita di armi, legandoli al rispetto dei diritti umani: non controlla l’uso domestico delle armi, ma richiede che i membri si dotino di normative nazionali sul trasferimento delle armi e delle loro componenti. E’ previsto inoltre il divieto, per gli Stati che ratificano il trattato, di trasferire armi convenzionali in caso di violazione di un embargo, atti di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Per autorizzare o meno l’esportazione, il testo prevede che siano i Paesi a valutare se le armi potrebbero essere usate per violare i diritti umani o utilizzate da terroristi o dalla criminalità organizzata. La bozza definitiva, mitigata nella speranza di raggiungere un accordo, per gli attivisti anti-armi rimane troppo debole. A non soddisfare è la scarsa regolamentazione sul trasferimento di proiettili, sul fatto che ci sono tipi di armi e di munizioni non comprese nel trattato – tra cui i droni, i velivoli senza pilota – e una troppo ampia libertà dei Paesi esportatori nel valutare se inviare o meno armi in una Nazione.

– Abbiamo bisogno di un trattato che comprenda tutte le armi convenzionali, non solo alcune di esse – sostiene MacDonald -. Solo così si potrà fare la differenza per le milioni di persone vittime della violenza in Paesi come Siria, Mali o Congo.

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