Se n’è andato Enzo Jannacci… Quell’Italia che non c’è più!!!!

Piano…piano.. (con le su escarpe da tenis)… con i suoi passi che misuravano distanze faticose: da Lodi a Milano… Con la sua nostalgia per l’amato sud di quell’’Italia onesta, e bistrattata del Dopoguerra”. Se n’è andato Enzo, con la voglia di cantare ancora al “Praticello”: con la Vanoni , con Gino Paoli, con Giorgio Gaber…Si…”quelli che somigliavano a noi”: “quelli ai quali volevamo somigliare a tutti i costi!”.

Se n’è andato Enzo Iannacci… il pugliese che non voleva cancellare le proprie origini… il “Terùn” che Milano aveva amato. Un uomo semplice… un medico che lavorava sodo, un intellettuale  che ci cantava la vita.

Vita  di quella vera, onesta, sofferta, che partiva dal sud verso il nord per lavorare alla “Fiat”… (i più fortunati). Per proseguire verso il Belgio (quelli senza tanta buona sorte), che dovevano nascondere i propri figli pur di avere la possibilità di abitare in un pianerottolo sconnesso.

“Non si accettano bambini”… Dicevano gli annunci d’affitto.

E, allora: “Zitti… non piangete… altrimenti ci buttano per strada”.

Enzo… il “meridionale tanto amato”e che  non ha mai nascosto le proprie origini, aveva preso spunto da questo dramma sofferto dai propri conterranei che si recavano “al Nord” per un pezzo di pane, e accanto ai quali, nei vagoni di “terza classe”, nessuno voleva sedere perchè “ci si sporcava con l’olio che traspirava (il più delle volte) dalle salsicce o dal salame fatto in casa” , quello che le mamme e le mogli avevano incartato con carta oleata per far fare loro uno “spuntino durante il viaggio”.

Era l’Italia che voleva lavorare a tutti i costi. L’Italia che non si risparmiava fatiche (…”veniva a piedi da Lodi a Milano.”..) l’Italia che poi avrebbe fatto strada ma anche che avrebbe dimenticato troppo facilmente e con leggerezza inaudita, chi aveva abbattuto i confini regionali a testa alta,… con il lavoro… con la poesia… con il romanticismo mai perduto del Meridione nativo.

Enzo… ”il Dotur” il “Grande” umano Cantastorie degli anni ’60, è andato via ricordandoci, così come ha saputo fare durante tutta la propria vita, che l’Italia è una sola… che non merita tante umiliazioni… che esistono ancora persone che ricordano Einaudi, De Gasperi… e si specchiano in Napolitano.

Questi siamo davvero noi… Quelli per i quali Enzo Iannacci ha saputo cantare con orgoglio “la bellezza d’essere italiano” .

Anna Maria Tiziano