Offshoreleaks, scoppia lo scandalo dei “Paperoni” evasori

ROMA  – Oltre un centinaio di migliaia di persone – tra i quali 200 italiani – alla gogna per i rapporti oscuri con i paradisi fiscali dove transitano miliardi di euro ogni anno: paperoni, uomini d’affari, intermediari, societá, banche, una schiera di prestanome, ma anche “gangster, trafficanti d’armi e uomini politici”. Scoppia lo scandalo ‘Offshore Leaks’, l’inchiesta condotta dall’International Consortium of Investigative Journalists (Icij) su 2.5 milioni di file, realizzata con il contributo di oltre trenta testate internazionali e 86 giornalisti in tutto il mondo.

Si tratta di un database capace di far impallidire il ‘Cablegate’, lo scoop di Wikileaks che pubblicò migliaia di dispacci segreti provenienti dalle ambasciate Usa nel mondo: la quantità di dati raccolti in tre anni dal Icij è di 162 volte superiore a quella pubblicata da Julian Assange a fine 2010.

“I super-ricchi hanno usato strutture offshore per possedere ville, yacht, capolavori artistici e altri beni guadagnando vantaggi fiscali nell’anonimato non disponibile per la gente comune”, accusa il rapporto del Consorzio, che punta l’indice contro le “principali banche mondiali” – incluse Ubs, Clariden (Credit Suisse) e Deutsche Bank – che ”hanno lavorato aggressivamente per fornire ai propri clienti compagnie coperte dal segreto”.

Lo svizzero Le Matin, media partner di Icij, spiega che Ubs “ha creato almeno 2.900 società di comodo”, altre 700 il Credit Suisse, e rivela che sono “una ventina le banche svizzere coinvolte”. Deutsche Bank ha creato “309 società di comodo”, scrive invece Sueddeutsche Zeitung. Ma l’istituto tedesco si chiama fuori.

I media partner di Icij sono del calibro di Guardian e Bbc, Washington Post e Le Monde, e L’Espresso per l’Italia. Il settimanale anticipa 4 dei 200 nomi italiani: si tratta di “Gaetano Terrin, all’epoca commercialista dello studio Tremonti, Fabio Ghioni, hacker dello scandalo Telecom (che interpellato dal Icij ha negato di essere coinvolto, ndr), i commercialisti milanesi Oreste e Carlo Severgnini, che hanno incarichi professionali nei più importanti gruppi italiani, e in passato anche consiglieri di Stefano Ricucci”. Emerge poi un trust collegato a “Silvana Inzadi in Carimati di Carimate”, che ha dato vita “nel 2002 a una complessa struttura alle Isole Cook che intreccia tre famiglie. In prima fila, la stirpe dei Pederzani”.

E alle Cook l’Icij ha scovato anche una delle più ricche donne di Spagna, la baronessa Carmen Thyssen-Bornemisza, che “ha acquistato alcune opere d’arte, tra le quali il celebre ‘Il mulino d’acqua a Gennep'” con i soldi di una società offshore. Ma, allo stato attuale, il nome più celebre a finire nelle maglie dell’inchiesta è quello del tesoriere della campagna elettorale di Francois Hollande, Jean-Jacques Augier, titolare di conti alle Cayman.

– Hollande non ha nulla a che vedere, né da vicino né da lontano – ha cercato di minimizzare Augier.

C’è poi la Russia, con i pezzi grossi di Gazprom e la moglie del vicepremier Igor Shuvalov, i ricchi commercianti indiani, pachistani, indonesiani. La magnate americana Denise Rich, nota per i suoi finanziamenti al partito democratico (Bill Clinton concesse la grazia al marito Marc, accusato tra l’altro di evasione fiscale). E ancora il premier georgiano Bidzina Ivanishvili, il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev e la sua famiglia, Maria Imelda Marcos Manotoc, figlia di Ferdinando e Imelda.

Sotto inchiesta anche gli investimenti offshore della Grecia: 103 le società su cui ora Atene vuole fare luce. Tra queste anche quelle create da John Paul Papanicolaou, che nel 2000 acquistò il ‘Christina O’, lo yacht di superlusso che ospitò John F. Kennedy, Marylin Monroe, Winston Churchill, Maria Callas, e dove, nel 1968, si celebrò il matrimonio tra il magnate Aristotele Onassis – allora proprietario dell’imbarcazione – e Jacqueline Kennedy, rimasta vedova dopo l’assassinio del presidente Usa, giusto 50 anni fa a Dallas. Ma se resta il mistero sulla morte di Jfk sembra che per i paradisi fiscali la verità sia oramai prossima.

– Ci saranno conseguenze per i paradisi fiscali che accettano o nascondono i proventi dell’evasione fiscale, che ogni anno nella Ue arriva a 1.000 miliardi l’anno – è la promessa del portavoce della Commissione europea, Olivier Bailly.

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