Grillo: “ Giorgio ‘reloaded’, è la morte della Repubblica”

ROMA  – Il M5S non seppellisce ancora l’ascia di guerra della battaglia per il Colle e, nel giorno del giuramento del Capo dello Stato e della sconfitta elettorale in Friuli, continua a martellare contro la rielezione di Giorgio Napolitano.

“La Repubblica, quella che si dice democratica e fondata sul lavoro, è morta” tuona ancora dal suo blog Beppe Grillo. In un altro post ironizza sul ‘Napolitano reloaded’. La contestazione contro la ri-elezione, che da giorni Grillo cavalca dovendo fare bene attenzione a non dare fuco alle polveri, deve fare i conti con la ‘porcellana’ della cerimonia di giuramento del nuovo capo dello Stato. Una ‘cristalleria’ accanto alla quale il gruppo parlamentare dei Cinque Stelle si muove facendo ben attenzione a non mandare in pezzi: così, ieri, dopo un veloce breefing i parlamentari decidono che alla cerimonia parteciperanno e si alzeranno anche in piedi per rispetto della figura istituzionale del Presidente. Ma battergli le mani, quello no: è l’unico gesto di ‘scortesia’ istituzionale che decidono di imporre all’anziano Presidente.

– Il nostro comportamento sarà ineccepibile – assicura il capogruppo al Senato, Vito Crimi, arrivando alla Camera. Composti, i parlamentari M5S ascoltano il Capo dello Stato: una buona parte del suo discorso sarebbe anche condivisibile per il Movimento, di cui Napolitano arriva ad apprezzare l’impegno. Ma poi arriva la ‘bacchettata’ anche per loro; contro la Rete, che non può sostituirsi ad una ”partecipazione veramente democratica”, che non può sostituirsi ai partiti come Grillo ha vagheggiato quando è arrivato a parlare della fine della forma partitica.

– Quello del presidente Napolitano è stato un discorso politico, in barba al ruolo di garanzia che un Capo dello Stato dovrebbe mantenere – tuonano Crimi e Lombardi, dimentichi delle promesse di cautela appena fatte.

La giornata per i Cinque Stelle però è pesante: ci sono ancora gli strascichi del flop organizzativo della manifestazione romana anti-ri-elezione di Napolitano. C’è la grana dell’espulsione del senatore star della Tv, Mariano Mastrangeli: il gruppo la decide, dopo un’assemblea un po’ imbarazzante trasmessa in streaming, consapevole di votare un’arma che gli si ritorcerà contro.

– Ma quando è troppo è troppo – afferma anche chi si oppone fino alla fine alla cacciata ed è per un gesto di distensione. Soprattutto c’è da organizzare le prossime mosse. C’è da decidere quale atteggiamento tenere in vista delle consultazioni, della formazione del governo, dell’avvio delle Commissioni. Qualcuno, di nuovo, propone di fare nomi, di arrivare con una proposta.

– Quella del M5s non deve essere una ‘opposizione sterile’ – afferma il deputato Tommaso Currò secondo il quale ”dentro le istituzioni si combatte con le armi a disposizione e cioè con le armi del dialogo”.

Così come sono andati i giochi, il M5S è fuori dalle trattative e quindi a tutti gli effetti all’opposizione: per questo, sostiene Mara Mucci, ”non possono negarci la Vigilanza Rai e il Copasir”. E c’è chi pensa al modo in cui organizzarsi per incanalare la rabbia crescente dei cittadini. Per Sebastiano Barbanti ”i partiti si devono iniziare a porre il problema della protesta che cova nel Paese. Noi siamo responsabili ma già nella manifestazione di domenica è stato molto difficile tenere a bada gli animi”.

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