Bangladesh: etichette della Benetton tra le macerie del palazzo crollato

ROMA. – Non si scava piú con le mani. Le ruspe sono entrate in azione ieri sulle macerie del palazzo di otto piani crollato mercoledí nella periferia di Dacca, capitale del Bangladesh. Non si cercano piú sopravvissuti ma solo corpi senza vita. Ne sono giá stati estratti 381 ma oltre 700 sono i dispersi e le famiglie ormai non sperano piú nei miracoli. I produttori locali e le grandi firme occidentali che lí danno lavoro a migliaia di persone, in maggioranza donne, stanno peró giá guardando oltre: mentre le strade si riempivano di operai e operaie che invocavano la pena di morte per i proprietari dell’immobile (cinque sono stati arrestati), il vice presidente dell’associazione delle industrie tessili del Bangladesh (4.500 le societá associate), Shahidullah Azim, ha incontrato i rappresentanti di alcuni marchi che si riforniscono nel Paese asiatico, tra cui lo svedese H&M, l’americano Gap, l’olandese C&A e il cinese Li and Fung. ”Vogliamo rassicurarli – ha poi spiegato Azim – sul fatto che faremo il possibile per impedire che questo genere di tragedia si ripeta”.

Le polemiche peró intanto si moltiplicano e coinvolgono anche l’azienda italiana Benetton. ”Etichette di Benetton sono state ritrovate tra le macerie del Rana Plaza. Alcune t-shirt ‘United Colors of Benetton’ sono state fotografate dall’agenzia Afp sulla scena del disastro”, ha scritto l’ong Campagna Abiti Puliti, allegando alcune foto di documenti contabili e di un capo d’abbigliamento tra le rovine. ”Inoltre – si legge nel comunicato – siamo in possesso di una copia di un ordine di acquisto da parte di Benetton per capi prodotti dalla New Wave, una delle fabbriche del Rana Plaza”.

Nel frattempo, per l’azienda veneta, Luca Biondillo ha fatto alcune precisazioni, sottolineando l’occasionalitá della fornitura. ”Nessuna delle aziende coinvolte nel tragico incidente di Dacca è ad oggi un nostro fornitore – ha detto Biondillo -. Abbiamo verificato che quantomeno un ordine in passato c’è stato, forse due: si tratta di una subfornitura occasionale, one shot, come capita nel settore tessile. Ma a fine marzo lo avevamo giá eliminato dai nostri fornitori regolari per gli audit non convincenti che ci erano arrivati”. ”Bisogna peró precisare che questi audit non comprendono mai informazioni sulle strutture degli edifici”, ha sottolineato l’azienda italiana, ricordando che ”Benetton è in prima fila sia per gli audit approfonditi con cui verifica condizioni ambientali e sociali delle societá presso cui si rifornisce sia per la sensibilitá sull’ecocompatibile. Senza volerci con questo lavare le mani su quanto accaduto”. Da Londra nel frattempo Primark, gigante britannico nella produzione di abbigliamento a basso costo che nel palazzo crollato aveva alcuni laboratori che confezionavano suoi articoli, ha fatto sapere che verserá un’indennitá a favore delle vittime. E ha spiegato: ”Daremo aiuti nel lungo termine ai bambini che hanno perso i genitori, aiuti finanziari per i feriti e per le famiglie in cui ci sono state vittime”.

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