Zanda rilancia l’ineleggibilità del Cav.

ROMA  – Il presidente del consiglio Enrico Letta, che  a Varsavia ha ripreso a tessere la tela per una nuova Europa, non intende farsi ”distrarre” da temi e polemiche che esulano dal programma di governo. Ma sulla strada dell’esecutivo ieri il capogruppo Pd al Senato Luigi Zanda rilancia sull’ineleggibilità di Silvio Berlusconi, una vera e propria ”mina” sulla vita dell’esecutivo secondo il Pdl che insorge minacciando la crisi di governo se la norma fosse approvata.

L’auspicio del presidente del Consiglio è che da oggi, quando si riunirà il primo consiglio dei ministri operativo, l’azione del governo cominci ad abbassare i toni in una maggioranza rissosa. Altrimenti il rischio, secondo la metafora usata da Giuseppe Fioroni, è che ”una schermaglia al giorno levi il governo di torno”. Una preoccupazione condivisa anche da Letta che ogni deve far fronte ad una nuova uscita minacciosa, questa volta da parte del Pd dopo che il Pdl aveva rilanciato le norme sulle intercettazioni.

Zanda, in un’intervista all’Avvenire, ripete la sua storica posizione sull’ineleggibilità del Cav e contro la nomina a senatore a vita dell’ex premier come ‘salvacondotto’ ai procedimenti giudiziari. Il problema è che anche l’opinione personale di un senatore, che tra l’altro non fa neanche parte della giunta per le autorizzazioni, scatena sospetti del Pdl, chiuso a testuggine in difesa del suo leader.

– La proposta di Zanda – avverte il capogruppo Pd Renato Brunetta – sull’ineleggibilità di Berlusconi è eversiva rispetto al governo.

Letta, a quanto si apprende, poco prima di partire per Varsavia avrebbe sentito per telefono il capogruppo al Senato, rinnovando il suo invito ad una maggiore sobrietà per evitare contraccolpi nell’esecutivo. E in ambienti dem, vicini al ministro Dario Franceschini, emerge l’irritazione per l’uscita di Zanda. Che ieri nel pomeriggio cerca di sdrammatizzare:

– Si è sollevato un polverone sul nulla visto che la mia è una posizione personale che esprimo da molto tempo e che nulla ha a che vedere con la tenuta del governo.

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