Siria, Ue divisa sulle armi ai ribelli

BRUXELLES. – L’Europa rischia di spaccarsi sulle sanzioni in Siria che scadono il primo giugno. Non bastano oltre nove ore di negoziato tra i ministri degli Esteri riuniti a Bruxelles per decidere se fornire o meno armi ai ribelli. Ed anche nella politica estera si replicano le divisioni che da anni emergono su tutti i grandi dossier dell’Unione europea in crisi. La discussione tra i ministri europei, cominciata alle 11, è ancora in corso quando – alle 20 – a Parigi comincia l’incontro tra il segretario di Stato Usa John Kerry ed il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov per mettere a fuoco Ginevra 2. Intanto da Istanbul i rappresentanti dell’opposizione tornano a chiedere che l’embargo sulle armi sia cancellato, ma dopo cinque giorni di trattative non riescono a trovare un accordo su chi dovrà sedersi al tavolo della conferenza di pace che si dovrebbe tenere il prossimo mese.

”Notizie non buone”, come sottolinea Emma Bonino. Le divisioni nella coalizione danno infatti voce ai dubbi sulla possibilità di avere garanzie sul reale destinatario finale delle armi. E mentre da Bruxelles si esclude l’idea che l’Iran possa partecipare alla conferenza bis di Ginevra, Teheran lancia l’idea di una conferenza parallela. Mentre i politici discutono, dalla Siria arrivano notizie di furiosi combattimenti tanto a Damasco quanto nella città di confine di Qusayr, dove una giornalista della televisione siriana Al Ikhbariya, Yara Abbas, è stata uccisa da cecchini che secondo la stessa tv appartenevano ai ”terroristi”. Un’autobomba invece fa sei morti nella capitale. E sale l’allarme per l’uso di armi chimiche. ‘Le Monde’ lancia un reportage che ne dimostrerebbe l’uso ed il capo della diplomazia francese Laurent Fabius conferma – prima di lasciare Bruxelles per ricevere Kerry e Lavorv a Parigi – che ”sono sempre più forti i sospetti di un uso localizzato di armi chimiche”, aggiungendo che si tratta di informazioni sulle quali si stanno facendo ”verifiche accurate”. A Bruxelles la ricerca di un accordo parte da posizioni che Bonino definisce ”molto, molto distanti, quasi inconciliabili”. Ai due estremi, da una parte Londra che vuole che l’embargo sia tolto subito, dall’altra un gruppo di cinque paesi capeggiati dall’Austria appoggiata da Svezia, Repubblica Ceca, Finlandia e Romania, secondo i quali ”l’Europa è una comunità di pace”. Il tentativo di accordo si cerca su una posizione di compromesso, la cosiddetta ”opzione 3” tra le tre finalizzate dal servizio diplomatico europeo in vista della discussione, che prevede il rinnovo delle sanzioni per un anno con la revisione dell’embargo sulle armi e con la possibilità di fornire materiale bellico agli oppositori con una serie di condizioni: autorizzazioni “caso per caso”, clausole di salvaguardia sul destinatario finale delle armi, entrata in vigore del nuovo regime legata agli sviluppi dell’iniziativa Usa-Russia per la nuova conferenza di pace. E se Hague afferma che dare un sostegno armato all’opposizione è più importante dell’unità europea, da Fabius alla Bonino arriva l’allarme per la tenuta della politica estera a dodici stelle. Le divisioni ed i veti incrociati potrebbero ”far esplodere l’Europa”, avverte il capo della Farnesina. E sarebbe una ”vittima in più” del conflitto siriano.