Biennale, Bray: “E’ vergognoso il budget per l’arte contemporanea”

VENEZIA. – Ricucire la frattura tra cittadini e governanti, partire dalla cultura per costruire il futuro: offre immagini forti, usando parole altrettanto forti – ”il budget per l’arte contemporanea è una vergogna” – il ministro per le attività e i Beni culturali Massimo Bray. L’occasione è offerta dall’inaugurazione del Padiglione Italia, con la mostra ‘Vice versa’ a firma Bartolomeo Pietromarchi, con accanto il presidente della Biennale Paolo Baratta, rivolgendosi a un pubblico che non risparmia un applauso quando si tocca il tasto di dare risorse alla cultura.

– Siamo un Paese – dice Bray – che ha pochissime speranze, che ha rotto il patto di fiducia tra cittadini e governanti e i motivi sono legati al fatto che è mancato l’ascolto, è mancata la capacità di mettersi assieme per trovare le soluzioni.

Il ministro dice di sperare che il suo mandato non sia breve, ma che comunque dedicherà tutto il suo tempo ”ad ascoltare”. Anche qui, in tanti si sono avvicinati a fine cerimonia per chiedere un incontro, per suggerire una possibile strada. Bray, la via maestra da percorrere la indica in modo chiaro: ”Se il nostro Paese vuole crescere e creare futuro non si può che partire dalla cultura”. Sul tavolo, però, c’è il problema annoso dei fondi: ”Non posso pensare – rileva – che sia solo una questione di soldi”, c’è invece l’urgenza di rimarginare la ferita nel rapporto tra Stato e cultura – ”c’è qualcosa che non funziona nel modo in cui lo Stato guarda alla cultura” aveva detto poco prima – e quindi serve mettere ”tutte le risorse necessarie”.

Bray non risparmia elogi al curatore di ‘Vice versa’, in un Padiglione Italia strutturato come sette ‘stanze’ per i dialoghi tra 14 artisti, e a Baratta. Con la mostra della Biennale, ”Il Palazzo Enciclopedico”, e quella di Pietromarchi, secondo il ministro, c’è la dimostrazione di ”come la cultura possa aggregare una comunità non solo italiana ma internazionale”. La parola ”fiducia” è tornata in questi giorni più volte nelle dichiarazioni di Baratta e il presidente non ha perso l’occasione per ricordare a tutti che ”alla Biennale si partecipa per gioia, per riconoscersi tutti nella grande comunità della cultura. La fiducia reciproca è il prodotto più importante di iniziative come queste”. La cerimonia è stato il momento conclusivo di una visita che ha rotto tutti i protocolli, con il ministro in fila per farsi attaccare al bavero della giacca la spilla della mostra e ricevere la cartellina stampa e il catalogo, con una macchina fotografica che ogni tanto compariva nella sue mani per qualche foto, per uno scambio continuo di saluti poco ufficiali e tanto amicali con qualche visitatore. A fare da ‘Cicerone’ lo stesso curatore e Bray non ha perso una parola per seguire una rassegna concepita ”come un itinerario esemplare – indica Pietromarchi – nell’arte italiana attraverso ‘isole’ con dialoghi tra artisti’. Tempo per qualche battuta con alcuni artisti, come Favelli o Tirelli, e poi via a passo più che spedito verso la mensa ‘San Martino’ della Caritas, per una iniziativa che unisce arte a recupero delle persone più sfortunate, e poi ai Giardini per il padiglione israeliano e Angola.

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