Stop finanziamenti, protestano i partiti

ROMA – Dal 2017 i partiti non riceveranno più soldi dallo Stato, e vivranno dei contributi dei cittadini che a loro volta potranno detrarre dalle tasse parte delle somme versate. Questo il cuore della legge varata ieri dal Consiglio dei ministri, che abroga dunque il finanziamento pubblico già dimezzato un anno fa.

La rivoluzione fa fibrillare Pdl e Pd, i cui dirigenti hanno fatto sentire la loro voce. Con dubbi e tensioni, trasversali, espressi anche durante il Consiglio dei ministri, soprattutto sulla scarsa gradualità dei tagli. Ma Enrico Letta non ha accettato rinvii.

– Ne va della credibilità del sistema politico – ha detto.

Già prima del Cdm sono arrivate critiche da esponenti del Pdl ( come Fabrizio Cicchitto e Altero Matteoli): il vice tesoriere Maurizio Bianconi, ha ricordato che il partito è stato costretto a disdire i contratti a termine per lo stop ai fondi pubblici. Duro anche il tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti, mentre quello del Pd, Antonio Misiani invita al realismo (”la riforma va fatta: l’errore peggiore sarebbe non cambiare le cose quando ormai metà degli elettori non vanno a votare”).

Il testo definitivo del ddl è arrivato sul tavolo del cdm a riunione già cominciata, c’era solo la relazione con la spiegazione. E questo ha innervosito diversi ministri. Poi, dopo la consultazione della bozza finale, le critiche dei responsabili dei dicasteri di Pd e Pdl per i tagli draconiani e per il ‘decalage’ troppo drastico dei tagli nei prossimi 3 anni, prima dell’azzeramento del 2017.

Dal lato opposto, Emma Bonino ha chiesto che fossero specificati i servizi che lo Stato erogheràs ai partiti dopo lo stop ai fondi pubblici. Di fronte ai dubbi, Letta ha mediato ma poi ha imposto l’approvazione.

– Abbiamo approvato – ha poi commentato – la fine del finanziamento come l’abbiamo conosciuto, ed è un passo importante; lo avevamo promesso e abbiamo mantenuto la promessa. Confido nel fatto – ha anche aggiunto – che il Parlamento lo approvi rapidamente perchè ne va della credibilità del sistema politico.

Ma dopo il Consiglio il ministro Nunzia Di Girolamo aveva detto:’

– Si deciderà tutto in Parlamento.

Il testo licenziato prevede che quest’anno i partiti riceveranno la quota prevista (91 milioni), che sarà tagliata del 40% nel 2014, del 50% nel 2015, del 60% nel 2016 e si azzererà nel 2017. In compenso si potrà detrarre il 52% delle piccole donazioni (da 50 a 5.000 euro) e il 26% di quelle maggiori (fino a un tetto di 20.000) fatte a partire dal 2014. Con il 730 della primavera del 2015 i contribuenti, oltre a scalare queste somme dalle tasse, potranno finanziare il proprio partito con il 2 per mille delle imposte (come oggi il 5 per mille per le Onlus). In più lo Stato metterà a disposizione servizi, come sedi per le attività politiche, spazi gratis sulla Rai per spot in Tv. Il tutto però solo ai partiti o movimenti con uno statuto e un bilancio certificato.

Il testo non è piaciuto al M5S che ha parlato di ”legge truffa”. E alle obiezione che comunque i partiti riceveranno servizi dallo Stato, il ministro per le riforme Gaetano Quagliariello ha obiettato:

– Non è una legge contro i partiti, ma per la democrazia e la trasparenza.