La Vinotinto all’esame boliviano

CARACAS – La Paz è una città da incubo per la nazionale vinotinto fin dal 1977, quando il Venezuela giocò la sua prima partita sul campo del Hernando Siles. Quell’anno i ‘criollos’ giocarono cinque gare, ma solo una era valevole per il Mondiale, le altre erano del torneo di calcio dei Juegos Bolivarianos.

Il primo sussulto della Vinotinto a La Paz fu un 2-1 inflitto alla nazionale peruviana nella gara d’esordio del torneo di calcio dei Juegos Bolivarianos. Ma la prima volta che il Venezuela riuscí a strappare un punto ai padroni di casa fu nello stesso campionato con un risultato finale di 2-2, mentre per ottenere la prima vittoria dovette attendere ben 32 anni: il 6 giugno del 2009, i pupilli di Farías espugnarono il campo dell’Hernando Siles in una gara valevole per il Mondiale Sudafrica 2010. Il gol fu frutto di un’autorete di Ronald Rivero che
non riusci a deviare un cross di Seijas.

Questa serie di risultati negativi, però, non dovrebbe stupire più di tanto poiché è risaputo che le trasferte a La Paz sono vissute, dalle altre nazionali, quasi come una tortura. Infatti nella capitale boliviana si gioca a più di 3.600 metri di altitudine, e questo può creare non poche difficoltà per chi non è abituato a simili condizioni.

In quell’occasione il successo non aiutó i ‘criollos’ a strappare il biglietto verso il mondiale, ma serví solo per interrompere una serie di 6 ko consecutivi nel paese dell’altopiano.

Negli almanacchi della Vinotinto ci sono molte pagine scritte con caratteri di fuoco, come il 7-0 subito nelle qualificazioni per il Mondiale Usa ’94 (la gara d’andata si era chiusa con il pesante 1-7 subito a Puerto Ordaz). Anche se i ragazzi allenati da Ratomir Dujkovic riuscirono a mantenere il risultato per gran parte della gara, nei 20 minuti finali ci fu il crollo fisico.

Molti esperti di preparazione atletica affermano che le difficoltà sono molteplici perché si gioca in condizioni davvero estreme. A quelle altezze c’è rarefazione di ossigeno, un’aria diversa che non consente una normale ossigenazione del sangue e quindi c’è minore energia nei muscoli. Questo é dovuto ad una forte concentrazione di emoglobina nel sangue. L’organismo si abitua e comincia a reagire solo dopo 30-40 giorni, ma nei pochi giorni di permanenza è quasi impossibile rendere al massimo. Le squadre ospiti, non essendo abituate a tali condizioni climatiche, rischiano difficoltà respiratorie, ostacoli nel giocare ad alta intensità per 90 minuti, con inevitabile crollo negli ultimi 20 (come accadde con la Vinotinto nel ’93) e una maggiore accumulazione di tossine nei muscoli, che può durare anche più giorni del previsto.

Un’altra pagina triste per la nazionale venezuelana è stata scritta nelle qualificazione per Francia ’98. Anche quella volta i verdi travolsero i ‘criollos’ con un secco 6-1. E pure sotto la gestione di Richard Paéz la storia non è cambiata, anche se i gol sono diminuiti: 5-0 (2001) e 3-1 (2005). Bisogna aspettare il 2009, sotto la guida tecnica di Farías, perché cambi la storia con la prima vittoria.

All’Hernando Siles anche le traiettoie del pallone sembrano risentire delle elevate altitudini e tende ad assumerne di imprevedibili e velocità più elevate della norma.

Questo problema non è passato inosservato nei massimi organi calcistici. La Fifa infatti si è subito mostrata sensibile alla questione e, per porre rimedio alle tante polemiche, il 27 maggio 2007 ha reso nota la decisione di vietare qualsiasi partita di calcio ad oltre 2.500 metri di altezza. Il 27 giugno dello stesso anno, il limite massimo concesso dalla Fifa fu poi corretto a 3.000 metri per placare le proteste di Ecuador e Colombia, che con i loro stadi rientravano nel precedente divieto.

Attualmente la Fifa ha concesso una deroga alla Bolivia, facendo giocare le gare casalinghe della nazionale all’Hernando Siles fino al 2012, dopodichè dovrà disputare le gare in un nuovo impianto.

La Bolivia, dal canto suo, non ne vuol sapere di cambiare stadio e ne fa, ormai, una questione di principio ed orgoglio nazionale. Il culmine della protesta dello stato sudamericano è avvenuto il 2 giugno 2007, quando il presidente boliviano, Evo Morales, e alcuni membri del suo governo hanno improvvisato una partita di calcio sulle Ande, a più di 5.000 metri di altezza, per dimostrare come si possa giocare anche a quelle quote.

Il caso sembra destinato a far discutere ancora, con una nazionale che nelle partite casalinghe spesso riesce ad imporsi con risultati netti contro avversari più quotati, ma che fuori dai confini ottiene raramente risultati appena accettabili.

La Vinotinto spera di ottenere la sua seconda vittoria nel paese andino, vittoria che gli permetterebbe di avvicinarsi al sogno di giocare il suo primo ‘mundial’. L’appuntamento è per oggi alle 15:00.

Fioravante De Simone

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