Lavoro, Ue stringe i tempi: iniziativa a sostegno dei giovani

BRUXELLES  – Sarà dura ma parte bene la battaglia dell’Italia a Bruxelles, per strappare nuovi fondi per l’occupazione giovanile nel prossimo Consiglio europeo del 27 giugno: il documento preparatorio della bozza di conclusioni accoglie la richiesta del premier Enrico Letta di giocare tutti e subito i sei miliardi che il bilancio Ue 2014-2020 prevedeva invece di spalmare su sette anni. Per l’Italia è un aiuto da 400 milioni, e quindi ben poca cosa per affrontare l’emergenza: sarà quindi necessario cercare altro e assicurarsi anche una certa flessibilità sulla spesa. Partita che resta ancora tutta da giocare, con le resistenze della Germania ribadite ha ribadito anche ieri.

Il vertice europeo sembra quindi già avviato a dare il consenso all’anticipo dei fondi che mesi fa aveva invece pensato potessero bastare per sette anni: saranno utilizzati tutti nel 2014-2015, con disponibilità a partire dal primo gennaio 2014. Serviranno a finanziare la ‘Youth guarantee’, o garanzia dei giovani, cioè quella iniziativa che vuole evitare che i giovani restino inoccupati, cioè senza studio e senza lavoro, per più di quattro mesi. Per farla funzionare però, bisogna prima di tutto creare un buon servizio di collocamento, che indirizzi i giovani verso la loro opportunità di lavoro.

Oltre ai fondi servono quindi anche dei progetti ben definiti: per questo nelle conclusioni del Consiglio si chiederà ai governi di preparare un piano entro l’anno per rendere la ‘garanzia’ operativa dal primo gennaio 2014. E quando a fine 2015 i fondi finiranno, ci sarà la possibilità di rinnovarli: nelle conclusioni i leader chiederanno alla Commissione di fare nel 2016 una ‘valutazione’ del progetto in vista di un suo possibile rifinanziamento. D’altronde, anche il Parlamento Ue si sta battendo per ‘rivedere’ il tetto del bilancio nel 2016 in modo che, se le condizioni economiche lo consentissero, potrebbe essere innalzato. Oltre ai sei miliardi (400 milioni per l’Italia) rifinanziabili, c’è anche un altro canale a cui attingere: i fondi strutturali, sia del vecchio che del nuovo bilancio. I vecchi possono essere spesi fino al 2015, quindi andrebbe riorientata la parte che resta da spendere, mentre sui nuovi il Consiglio vorrebbe esplicitamente inserire il lavoro tra le priorità per spenderli.

La partita della flessibilità di spesa e di quali investimenti saranno esentati dal calcolo deficit, resta tutta da giocare: la Germania ha detto che non è una strada da percorrere, ma l’Italia invece punta proprio a tenere fuori dal vincolo del 3% le spese per infrastrutture europee e anche quelle sull’occupazione, cioè la parte dei fondi strutturali che dovrà co-finanziare.

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