Contro la crisi le nuove generazioni riscoprono l’agricoltura

I giovani che hanno deciso di dedicarsi all’agricoltura stanno aumentando esponenzialmente. Questo il dato lampante che emerge dall’analisi condotta da Coldiretti sulla base di elaborazioni Istat.

La Confederazione Agricoltori Nazionali ha infatti stimato che la percentuale di giovani occupati nel settore agricolo sia cresciuta del 4,2%. Sono oltre duemila i giovani che negli ultimi tre anni hanno scelto la strada dei campi come sbocco lavorativo. Già nel secondo semestre del 2012 aumentavano gli occupati (+10,1%) e gli iscritti agli istituti agrari (+11%). Si aggiunga il fatto che in Italia il settore primario vede una crescita delle assunzioni che Coldiretti reputa intorno alle 100.000 unità.

Si tratta di dati in assoluta controtendenza rispetto a quelli registrati nell’ultimo decennio.

Ne è riconferma anche la recente indagine proposta da Repubblica-L’Espresso, “I nuovi contadini”, incentrata proprio sull’interessante fenomeno del ritorno alla terra che vede protagoniste le nuove generazioni.

Secondo i dati riportati – sulla base di 1600 intervistati da SWG per conto di Coldiretti e di età compresa tra i 18 e i 34 anni – il 50% dei giovani preferirebbe coltivare terra o gestire un’attività agrituristica piuttosto che lavorare dietro una scrivania. A fronte di questi dati l’articolo avanza la tesi di un’autentica rivoluzione culturale-ideologica, veicolata dalle nuove imprese agricole fondate da giovani laureati e diplomati – anche in altre materie – che frustrati dall’esclusione forzata dal mercato del lavoro, hanno deciso di avventurarsi in un ambito settoriale che riservi loro più soddisfazione ed una maggiore sicurezza economica.

È risaputo che dal 2008 la disoccupazione nel nostro Paese è tornata a salire – rende noto la Coldiretti  – mentre i giovani hanno iniziato a scommettere sull’agricoltura come fonte di reddito e investimento per il futuro.

Emblematiche in questo senso le parole di un ex commerciante, rilasciate nell’ambito della stessa inchiesta, che dichiara: “Anche se un anno non riesci a vendere niente, sai che comunque puoi mangiare”; come dargli torto.

Il ritorno alla terra è ormai al centro del pensiero di molti giovani e giovanissimi italiani. Basti far riferimento ai dati relativi al boom di matricole in agraria, specialmente nel Nord Italia. Esemplificando, dal 2009 a oggi alla Statale di Milano gli aspiranti agricoltori sono saliti del 71% nelle lauree triennali e del 134% in quelle magistrali. A Torino, le matricole dei corsi triennali sono cresciute del 68%.

Il sondaggio sottolinea inoltre che gli italiani tornerebbero volentieri ai campi, addirittura 1 su 3 lascerebbe la propria occupazione per rimboccarsi le maniche e lavorare la terra.

Ciò testimonia un cambiamento di mentalità di notevole portata che si riflette nel profilo dei nuovi agricoltori. Secondo la Coldiretti nei campi cresce infatti il livello culturale: il 15% degli imprenditori agricoli sotto i 40 anni di età è laureato, mentre il 68% possiede un diploma di studio superiore.
Oggi le aziende sono gestite da ragazzi sempre più preparati – commenta Coldiretti Lombardia – la maggior parte di loro ha conseguito titoli specifici ma vi sono anche molti meccanici, geometri, esperti di pubbliche relazioni ed elettronica che nonostante studi non agricoli hanno optato per il “ritorno alla terra”.

Insomma, il luogo comune del contadino “incolto” appare un retaggio ormai superato.

Lo storico ritorno degli italiani all’agricoltura, che conta oggi più di 62mila imprese condotte da giovani con meno di 30 anni, è in controtendenza anche rispetto al dato occupazionale nazionale: è stato registrato un vero e proprio boom di assunzioni che già negli ultimi due semestri rappresentava il più elevato aumento nel numero di lavoratori dipendenti, con un aumento record di circa il 10%.

L’anno scorso l’agricoltura rappresentava l’unico settore a segnare un aumento del Pil sul piano tendenziale, mentre calavano industria, edilizia e terziario.

Sarebbe quindi logico auspicare l’inserimento nell’agenda politica italiana del tema relativo all’agevolazione dell’accesso giovanile in agricoltura, potendo costituire una valvola di sfogo anche per precari e cassaintegrati. L’evoluzione del settore imporrebbe però politiche economiche altrettanto moderne rispetto alle tipologie di finanziamento messe a disposizione dalle banche agli imprenditori agricoli, disciplinate ancora sulla base, tra le altre, della normativa del credito agrario anteguerra.

Bisognerebbe ridurre la burocrazia asfissiante e fare passi concreti affinché il Made in Italy agricolo torni ad essere prestigioso, redditizio ed a rappresentare uno dei mestieri grazie al quale i cittadini abbiano un riscontro positivo a livello sociale ed economico.

La terra, l’ambiente e il benessere di una vita a contatto con la natura si prendono quindi una rivalsa netta e in continua crescita, nei confronti della vita di città all’insegna dell’inquinamento e dei lavori monotoni al chiuso di un ufficio. La crisi ha fatto in modo che per andare avanti si debba tornare indietro, invertendo ponderatamente il flusso verso i centri urbani iniziato negli anni ’50 e ’60.

Lorenzo Di Muro

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