Il museo dell’Olocausto di Washington sfratta Palatucci

NEW YORK. – Il museo dell’Olocausto di Washington rivede il ruolo giocato dall”’ultimo questore” di Fiume Giovanni Palatucci e lo ‘sfratta’ dalla mostra sul ventennale dell’istituzione.

”Nuove informazioni sono venute in luce che riesaminano gli sforzi di salvataggio di Palatucci”, ha spiegato all’Ansa il centro ufficiale Usa per lo studio della Shoah informando che il caso Palatucci è stato ritirato dal sito web della mostra e che in futuro ”ogni materiale relativo verrà tolto anche dalle sale”. La mostra, intitolata “Alcuni erano vicini” esamina ”le decisioni prese da individui mentre i nazisti e i loro collaboratori perseguitavano gli ebrei”. Palatucci, morto a Dachau a 36 anni, è stato proclamato Giusto tra le Nazioni da Yad Vashem, il museo della Shoah di Gerusalemme nel 1990, e dal 2005 è in corso in Vaticano una causa di beatificazione.

A indurre il museo di Washington al ripensamento sullo ‘Schindler italiano’ sono stati il Centro Primo Levi di New York e il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano intervistati dal Corriere della Sera Online: spulciando migliaia di documenti e interrogando superstiti, le due istituzioni contestano la tesi che Palatucci avrebbe salvato 5.000 ebrei ”in una regione dove non ce n’erano neanche la metà”. L’ipotesi di un salvataggio di massa da parte di Palatucci è stata messa in dubbio da anni negli ambienti ebraici internazionali. Secondo l’ex direttore di Yad Vashem Mordecai Paldiel, Palatucci fu riconosciuto Giusto tra le Nazioni per aver aiutato una sola donna, Elena Aschkenasy, nel 1940: ”Nessuna prova che avesse dato assistenza oltre questo caso”. Le biografie ufficiali di Palatucci parlano di migliaia di ebrei da lui inviati nel campo di internamento di Campagna dove sarebbero stati protetti dal Vescovo Giuseppe Maria Palatucci, suo zio. Una ricostruzione giudicata impossibile da Anna Pizzuti, curatrice del database degli ebrei stranieri internati in Italia: ”Quaranta in tutto furono i fiumani internati a Campagna. Poi un terzo del gruppo finì ad Auschwitz”.

Palatucci fu funzionario di pubblica sicurezza pressola Questuradi Fiume dal 1937 al 1944, dove era addetto all’ufficio stranieri e si occupò dei censimenti dei cittadini ebrei sulla cui basela Prefetturaapplicava le leggi razziali. Proprio a Fiume i censimenti furono condotti con una capillarità ineguagliabile e le leggi applicate con un accanimento che provocò proteste internazionali, sostiene il Centro Primo Levi. Secondo lo storico veneziano Simon Levis Sullam l’affare Palatucci si inserisce nel dibattito sul ruolo degli italiani di fronte alla persecuzione degli ebrei sotto il fascismo.

”Il mito del bravo italiano ha costituito una fonte di autoassoluzione collettiva rispetto al sostegno offerto a politiche antisemite nel periodo 1937-1945”, sostiene Sullam. Una tesi condivisa da Natalia Indrimi del Centro Primo Levi secondo cui il caso Palatucci mostra come ”una narrativa agiografica semplificatoria sia riuscita a provocare la completa rimozione di un capitolo tragico della dittatura fascista”.