Kerry, incontri serrati con Netanyahu e Abu Mazen

TEL AVIV  – Il segretario di stato Usa John Kerry sta compiendo in questi giorni una vera ‘maratona’ diplomatica nell’intento di rilanciare negoziati di pace israelo-palestinesi. Infatti ha trascorso, in due riprese, sette ore a Gerusalemme con il premier Benyamin Netanyahu (in buona parte a quattr’occhi) e altre tre ore, ad Amman, con il presidente palestinese Abu Mazen. Poi, a Gerusalemme, ha aggiornato il Capo dello stato Shimon Peres e oggi, in un nuovo tour de force, sarà prima ad Amman – di nuovo a tu per tu con Abu Mazen – e poi, in serata, a Gerusalemme, per un terzo incontro con Netanyahu.

Sull’esito della missione non si hanno informazioni concrete. La stampa locale avanza l’ipotesi che Kerry stia lavorando ad un incontro israelo-palestinese da tenersi ad Amman la settimana prossima, possibilmente con la partecipazione dei negoziatori delle due parti. A quanto pare lo stesso Kerry sarà più esplicito oggi, in una conferenza stampa. Peres, da parte sua, lo ha incoraggiato a non desistere nei propri sforzi.

– Israele – ha detto – apprezza molto il Suo tentativo di rilanciare trattative. L’intero Paese La segue.

Proprio ieri un sondaggio di opinione ha mostrato che circa il 70 per cento degli israeliani vogliono effettivamente la ripresa di colloqui di pace con i palestinesi, arenatisi di fatto da cinque anni, con l’uscita di scena del governo di Ehud Olmert e di Tzipi Livni (Kadima). Ma una percentuale analoga ”non crede” che nelle condizioni attuali sia possibile raggiungere un accordo che metta fine al conflitto.

Secondo il viceministro degli esteri di Israele, Zeev Elkin, in questa fase la parte palestinese è sottoposta a ”pressioni forti” dagli Stati Uniti e dall’Unione europea per convincere Abu Mazen a tornare al tavolo delle trattative. In passato l’Anp ha chiesto la liberazione di oltre 100 palestinesi detenuti da più di 20 anni in Israele; il congelamento delle colonie e l’impegno di Israele a vedere nelle linee armistiziali in vigore fino al 1967 come la base di future trattative.

Netanyahu ha replicato di non essere disposto a pagare ”alcun biglietto di ingresso” per tornare a negoziare. Ma, secondo i suoi ministri, in questi mesi ha tacitamente rallentato le attività edilizie ebraiche in Cisgiordania e a Gerusalemme est. E un suo ministro ha detto a Haaretz che, nel contesto di accordi definitivi, Netanyahu accetterebbe il ritiro dal 90 per cento della Cisgiordania (fatta eccezione per la valle del Giordano).

Kerry, da parte sua, vorrebbe vedere entro settembre al massimo i primi frutti delle cinque spole condotte da quando è entrato in carica. Secondo gli osservatori non gli interessa tanto un vertice alla presenza di Abu Mazen e Netanyahu: vuole impostare piuttosto trattative serrate, che si concludano entro un anno. Per raggiungere questo fine occorre dunque mettere a punto una sorta di ‘gabbia diplomatica’ che impedisca di fatto alle due parti di abbandonare il tavolo dei negoziati alle prime difficoltá.

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