Boston, alla sbarra l’attentatore della maratona

NEW YORK. – Un’udienza preliminare per rispondere “colpevole” o “non colpevole” dei 30 capi d’accusa sollevati contro di lui: Dzhokhar Tsarnaev, il giovane ceceno accusato del sanguinoso attentato alla maratona di Boston del 15 aprile, compare per la prima volta in un’aula di tribunale protetta da pesanti misure di sicurezza, e dove un ampio spazio è stato riservato alle famiglie delle vittime.

Per 17 delle accuse di cui Tsarnaev è chiamato a rispondere è prevista la pena capitale. In particolare per ciò che riguarda l’uso di armi di distruzione di massa, ovvero le due pentole a pressione imbottite di esplosivo collocate sulla linea del traguardo della maratona, che causarono la morte di tre persone e il ferimento di almeno 260 altre. E anche per l’omicidio di una quarta persona, un poliziotto, freddato mentre Dzhokhar, che ha 19 anni, era in fuga tre giorni dopo l’attentato assieme a suo fratello, Tamerlan, poi morto quella notte all’età di 26 anni in uno scontro a fuoco con la polizia.

Dzhokhar venne poi catturato quasi 24 ore dopo, al termine di una vasta caccia all’uomo in cui di fatto Boston fu messa in stato d’assedio dalla polizia. Si era nascosto in una barca tirata in secco nel giardino di una casa di Watertown, a pochi chilometri dal centro della città. Anche lui era gravemente ferito, e da allora è rimasto rinchiuso nell’ospedale di un carcere a Boston, dove è stato curato. In quella imbarcazione è stata peraltro ritrovata una sorta di confessione scritta da Dzhokhar per affermare che le bombe di Boston ”una vendetta per gli attacchi degli Usa contro i musulmani in Afghanistan e Iraq”, perché ”attaccare un musulmano vuol dire attaccare tutti i musulmani”.

Secondo varie fonti, non si prevede che il processo entri nel vivo prima di diversi mesi. Ancora non è chiaro se verrà richiesta la pena di morte. Si tratta di una decisione che spetta al ministro della giustizia Eric Holder, poiché Tsarnaev verrà giudicato in base alla legge federale. Patricia Campbell, la cui figlia di 29 anni è rimasta uccisa nell’esplosione di una delle due bombe, per molto tempo è stata contraria alla pena capitale, ma nelle ultime settimane sembra aver cambiato idea.

– In queste circostanze, occhio per occhio sembra appropriato – ha affermato, riferisce il Boston Globe, aggiungendo di non aver ancora deciso se andare o meno in tribunale per guardare in faccia il giovane imputato. Di certo non hanno mai pensato di andare i parenti del piccolo Martin Richard, che aveva 8 anni ed è stato la più giovane vittima. Nella stessa esplosione, la sua sorellina di 7 anni, Jane, ha perso una gamba, la loro mamma, Denise, ha perso la vista da un occhio ed è rimasta ustionata, il loro padre, Bill, ha subito ustioni e perdita dell’udito.

– La famiglia Richard – ha detto un loro portavoce – è concentrata nella guarigione e recupero.

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