Consulta; vince Fiom, art.19 lede libertà sindacale

ROMA  – Consentire la costituzione delle Rsa, le rappresentanze sindacali aziendali, solo ai sindacati firmatari del contratto applicato in azienda lede i ”valori del pluralismo e della libertà di azione” dei sindacati. E’ con questa motivazione che la Corte Costituzionale ha ‘bocciato’ l’articolo 19 dello statuto dei lavoratori, con una sentenza – la 231/2013, relatore il giudice Morelli – che segna una vittoria netta della Fiom sulla Fiat.

La reazione del numero uno della Fiom, Maurizio Landini, infatti, non si è fatta attendere:

– Ora la Fiat fissi l’incontro da noi richiesto. E il Governo convochi un tavolo nazionale sulle prospettive occupazionali e gli investimenti del gruppo Fiat in Italia e si faccia garante della piena applicazione della sentenza anche attraverso una legge sulla rappresentanza.

Il succo della decisione della Consulta era già stato reso noto il 3 luglio. Ora vengono spiegati i motivi della decisione. Alla base del pronunciamento, la questione di legittimità sollevata dai tribunali di Modena, Vercelli e Torino nelle cause che vedono contrapposte appunto Fiat e Fiom. I dubbi riguardano il comma 1 dell’art. 19 dello statuto dei lavoratori, che pone dei paletti alle Rsa, consentendole solo alle sigle firmatarie dei contratti collettivi applicati in azienda. Un limite che la Consulta ha giudicato in contrasto con tre articoli della Carta Costituzionale. Perché quando il criterio della sottoscrizione dell’accordo applicato in azienda – spiega la sentenza – ”viene meno alla sua funzione di selezione dei soggetti in ragione della loro rappresentatività” e ”si trasforma invece in meccanismo di esclusione di un soggetto maggiormente rappresentativo o comunque significativamente rappresentativo”, allora quel criterio entra ”inevitabilmente in collisione con i precetti degli articoli 2, 3 e 39 della Costituzione”: il primo tutela i diritti inviolabili dell’uomo come singolo e nelle formazioni sociali; il secondo l’uguaglianza dei cittadini; l’ultimo la libertà di organizzazione sindacale. Se si consentissero la Rsa solo nei limiti fissati dallo statuto ora censurato, spiegano i giudici, i sindacati ”sarebbero privilegiati o discriminati sulla base non già del rapporto con i lavoratori”, ”bensì del rapporto con l’azienda”.

Il ”dato contingente di avere prestato il proprio consenso alla conclusione di un contratto con la stessa” finirebbe quindi col pesare sulle relazioni sindacali e sulla capacità di rappresentanza delle organizzazioni dei lavoratori. Una contraddizione rispetto al mandato di un sindacato. Il modello disegnato dall’art. 19, infatti, ”condiziona il beneficio esclusivamente a un atteggiamento consonante con l’impresa” o che ne presupponga l’assenso. Ma è proprio qui che ”risulta evidente il vulnus” rispetto all’articolo 39 della Costituzione, perché emerge ”il contrasto che, sul piano negoziale, ne deriva ai valori del pluralismo e della libertà di azione della organizzazione sindacale”. L’effetto sarebbe ”una forma impropria di sanzione del dissenso” che andrebbe a condizionare la libertà del sindacato ”in ordine alla scelta delle forme di tutela ritenute più appropriate per i suoi rappresentati”, con l’implicito rischio, avverte la Corte, ”di raggiungere un punto di equilibrio attraverso un illegittimo accordo ad excludendum”.