Mediaset, il Cav spera nel rinvio, ma se condanna è guerra

ROMA  – Un Silvio Berlusconi amareggiato ha dato il via ufficiale al countdown per capire se entro poche ore sarà condannato o meno in via definitiva a 4 anni di reclusione e 5 di interdizione dai pubblici uffici. Oggi, infatti, si riunirà la Corte di Cassazione chiamata a dare l’ultima parola sul processo Mediaset che vede imputato l’ex capo del governo. Il Cavaliere sa perfettamente che i tempi non saranno brevi, anzi, in base alle previsioni fatte dai suoi avvocati la decisione della Suprema Corte dovrebbe arrivare tra mercoledì e giovedì. Spera sempre in un rinvio ma a preoccuparlo è l’epilogo finale della vicenda. Un epilogo che, se negativo per lui, sarà foriero di venti di guerra, si rimarca nel Pdl.

Rientrato ieri a metà pomeriggio a palazzo Grazioli, l’ex premier si è chiuso nei suoi uffici con tutto il collegio difensivo. Sul tavolo i diversi scenari possibili tra cui l’ipotesi che questa mattina i suoi legali possano chiedere il rinvio del pronunciamento della Corte.

Fosse per il Cavaliere – è il ragionamento che fanno i suoi fedelissimi – la possibilità di chiedere un allungamento dei tempi non dovrebbe essere presa in considerazione.

– Sono e resto innocente – è il leit motiv che continua a ripetere – il problema resta semmai l’atteggiamento di certa magistratura convinta, a priori, che io debba essere condannato.

L’idea di chiedere il rinvio, è il ragionamento fatto da esponenti pidiellini, verrà valutata solo nel caso in cui il nuovo calendario riportasse la decisione su Mediaset alla Terza Sezione della suprema Corte e non più a quella feriale. E su questo punto si dovrebbero battere gli avvocati del cav.

Strategie difensive a parte, a chi ha avuto modo di parlargli il Cavaliere non ha nascosto la forte preoccupazione e l’amarezza di fronte alla possibilità che ”la sentenza sia già stata decisa da tempo”.

L’umore resta dunque pessimo. E nonostante l’ex capo del governo abbia più volte ribadito che l’eventuale condanna non avrà ripercussioni sul governo, sono in pochi orami a crederci. Il nodo a quel punto diventerebbe l’atteggiamento del Pd a palazzo Madama chiamato ad esprimersi sulla decadenza dell’ex capo del governo dall’incarico di senatore.

Il Pd ha già ripetuto più volte che le sentenze vanno rispettate e ieri lo ha fatto anche Luigi Zanda in un’intervista.

In merito all’eventuale voto in Giunta sulla decadenza, dice il capogruppo al Senato, “non dovrebbe esserci materia di discussione, almeno per noi del Pd. Dobbiamo prendere atto e rendere operativa una sentenza della magistratura”.

na presa di posizione ribadita anche da Vannino Chiti:

– Se la Cassazione confermasse la sentenza di condanna e l’interdizione dai pubblici uffici di Berlusconi, il Parlamento si troverebbe semplicemente di fronte a una presa d’atto della sua decadenza dalla carica di senatore. Il Pd non potrebbe che votare favorevolmente.

Quanto basta per rendere la vigilia incandescente. Anche se il verdetto potrebbe slittare a mercoledì o anche a giovedì.

Prova delle fibrillazioni che percorrono il Pdl anche lo scontro con la presidente della Camera, Laura Boldrini, che alla cerimonia del Ventaglio ha detto:

– Credo che singoli casi giudiziari non debbano interferire nella vita delle istituzioni. Qualunque sia la decisione della Cassazione, sulla sentenza Mediaset, essa non dovrà avere ripercussioni sulle attività parlamentari.

Affermazioni contro cui c’è stata una levata di scudi del Pdl. Attacca Daniela Santanchè:

– Altro che singoli casi giudiziari! Qui si tratta di 10milioni di italiani che in caso di condanna di Berlusconi rischiano di non avere più rappresentanza politica.

Dice Stefania Prestigiacomo:

– Il 30 non si decideranno le sorti di un solo uomo, ma di un terzo dell’Italia. La sentenza verso Silvio Berlusconi, infatti, sarà inevitabilmente una sentenza verso tutto il partito e tutti i milioni di elettori che al Pdl e a Berlusconi hanno dato la loro fiducia.

E ancora Daniele Capezzone:

– Quando sento la presidente della Camera, l’onorevole Boldrini, derubricare a ‘singolo caso giudiziario’, quella che è invece una questione democratica massima, e cioè l’agibilità politica di chi è stato scelto da 10 milioni di italiani, mi chiedo se si sia di fronte a una gratuita offesa nei confronti di Silvio Berlusconi e della grande quota di elettori che lo ha indicato come riferimento e leader, o a una mancanza di comprensione di cosa sia davvero in gioco.

Per Maria Stella Gelmini “tentare di sminuire una situazione grave che è sotto gli occhi di tutti non modifica la realtà dei fatti”.

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