Mediaset, il Pg: “Confermare la condanna, ma ridurre l’interdizione”

ROMA  – L’ex premier Silvio Berlusconi è stato “l’ideatore del sistema delle frodi fiscali” al centro del processo Mediaset sulla compravendita gonfiata dei diritti televisivi dei film comprati dalle majors americane e la condanna a quattro anni di reclusione deve essere confermata per lui e gli altri tre imputati, ma deve essere ridotta – da cinque a tre anni – la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. Queste, in sintesi, le richieste della Procura della Cassazione affidate alla requisitoria di oltre quattro ore sviluppata dal sostituto procuratore generale Antonio Mura, uomo di punta dell’ufficio dei pm della Suprema Corte che ha tenuto con il fiato sospeso, per una intera giornata, due dei ‘palazzi’ romani che contano, Palazzo Grazioli e Palazzo Chigi.

Per l’avvocato Franco Coppi, difensore dell’ex premier, rimodulando la pena accessoria si rimedierebbe “a un errore palese”, anche se il legale non nasconde che il vero obiettivo del collegio difensivo del Cav – costituito anche da Niccolò Ghedini – è quello di “puntare all’annullamento radicale della condanna”

– Non faccio previsioni – ha detto – e non vado in giro con le corna!

Più di cinquanta i media e le televisioni accreditate – tra le quali Al Jazeera – per seguire l’udienza innanzi alla Sezione feriale. All’ingresso del ‘Palazzaccio’ è spuntata una distesa di telecamere e obiettivi: potranno riprendere la lettura del verdetto in diretta. Forse già questa sera, o domani.

Ingente lo schieramento di uomini in divisa arrivati a rinforzare i colleghi abitualmente in servizio presso la Suprema Corte. L’aula della Prima sezione penale, dove ha preso l’avvio l’udienza, era stracolma di giornalisti, avvocati, magistrati – tra i quali i pg Elisabetta Cesqui e Pietro Gaeta – e funzionari della Cassazione. In molti non hanno voluto perdere questo appuntamento attorno al quale – come ha ricordato lo stesso pg Mura – c’erano “tante aspettative, passioni, emozioni” tutte cose che, però, “devono rimanere fuori dall’aula giudiziaria” per lasciar posto solo “al controllo delle regole di giustizia nel processo”.

Inflessibili i richiami del presidente Antonio Esposito a non utilizzare “in nessun modo gli aggeggi”, intendendo cellulari e portatili, pena “l’espulsione immediata dall’aula”. Effettivamente carabinieri e poliziotti hanno intimato a chiunque ricevesse anche solo un sms sul telefonino di chiuderlo immediatamente. Tra le prime cose che il pg Mura – toga più che moderata, già leader di Magistratura indipendente, la corrente conservatrice dei giudici – ha tenuto a sottolineare, un posto di riguardo ha meritato l’operato dei suoi colleghi di Milano che “hanno applicato correttamente le norme processuali e i principi del giusto processo”.

Mura ha poi smentito che la sentenza della Corte di Appello, emessa lo scorso otto maggio, “contenga la tesi del ‘non poteva non sapere’: non è scritto da nessuna parte nonostante quello che sostiene la difesa”. Senza sfumature il suo giudizio sulla colpevolezza “sostenuta da un apparato argomentativo e probatorio non illogico” nel reato di frode fiscale degli imputati. Per questo ha chiesto la condanna non solo dell’ex premier ma anche per il produttore egiziano Frank Agrama, che i giudici ritengono un prestanome di Berlusconi e non un intermediario in proprio, e per gli ex manager Mediaset Gabriella Galetto e Daniele Lorenzano.

Secondo il pg, il ‘Cav’ è stato “l’ideatore del sistema delle frodi” ed il suo “controllo su Mediaset è stato perdurante” mentre “abnorme” è stato il danno per le casse dello Stato “messo a lungo a frutto” con il sistema delle sovrafatturazioni. Mura ha evidenziato come i manager fossero stati scelti da Berlusconi e a lui facessero riferimento “andando ad Arcore” e “scavalcando il cda”.

Stando a quanto riferito da Marcello Dell’Utri – ex senatore del pdl ed ex braccio destro del ‘Cav’ – Berlusconi in queste ore “è sereno” e “se vorrà fare il Grillo della situazione lo potrà fare: io non gli do consigli, faccia quello che sente di fare”, ha concluso riferendosi al possibile esilio dal Parlamento che potrebbe essere dietro la porta anche se in formato ridotto.