Dall’Oglio, gesuita anti-Assad amico dei ribelli

ROMA. – Senza passaporto siriano, ma con la Siria eletta sua patria da più di trent’anni e la lotta al regime di Assad diventata la sua ragione di vita da quando è scoppiata la rivolta nel 2011. Padre Paolo Dall’Oglio, 59 anni, il gesuita scomparso a fine luglio nella città nord-orientale siriana di Raqqa, è un religioso cattolico molto particolare, famoso, e spesso criticato anche dai suoi confratelli. Non solo perchè, a differenza degli altri cristiani siriani, si è schierato sin dagli inizi a fianco dei ribelli, ma anche perchè ritiene che persino con Al Qaida si possa e si debba parlare.

Tutta la sua esistenza è stata una sfida: nato a Roma e divenuto gesuita dopo una gioventù da militante di sinistra e una conversione improvvisa e sconvolgente – come racconta egli stesso – alla fede, Dall’Oglio approdò nel deserto siriano, non lontano da Damasco negli anni ottanta.

Qui resuscitò un monastero del sesto secolo, intitolato a Mar Musa al -Habashi, San Mosè l’abissino, e lo trasformò in un punto di incontro tra cristiani e musulmani. Mar Musa divenne rapidamente un luogo di riferimento per il dialogo interreligioso e meta di migliaia di pellegrini, con la benedizione di Assad e della Chiesa cattolica.

In qualche modo riuscì a preservarsi come un’oasi di pace nei primi mesi di scontri tra lealisti e ribelli. Tuttavia, nel crescendo di violenze, anche il monastero venne attaccato da milizie armate (il Mukhabarat di Assad, secondo gli oppositori; i fondamentalisti, secondo Damasco) e padre Paolo, abbandonando un’impossibile neutralità, cominciò a criticare il regime per la brutale repressione del suo popolo. Prima gli venne imposto il silenzio, poi venne espulso nel 2012.

Padre Paolo ha sempre detto di non aver mai abbandonato il suo sogno di dialogo e riconciliazione tra tutte le componenti della società siriana, a condizione – ha spiegato più volte – che il ‘macellaio di Damasco e la sua cricca’ lasciassero il Paese. In Libano ha di recente fondato una comunità interreligiosa che ospita profughi siriani.

Da ”esule”, come si è sempre sentito, ha continuato la sua battaglia per sostenere le ragioni dell’opposizione, tenendo comizi, conferenze, incontri in tutto il mondo, nei circoli di periferia come nelle sedi istituzionali. Più volte è rientrato illegalmente in Siria: una volta ha raccontato all’Ansa di essersi recato a negoziare il rilascio di dieci cristiani e di aver avviato una trattativa diretta con esponenti locali di Al Qaida. Nessun imbarazzo, nessuna preclusione.

A suo avviso infatti, ”il jihadismo è una realtà culturale, politica e militare che non può essere ignorata”. In quell’occasione, riuscì a riportare a casa solo un ostaggio vivo; gli altri nove erano stati già uccisi. Secondo i siti dei ribelli siriani e le indiscrezioni degli ultimi giorni padre Dall’Oglio avrebbe raggiunto Raqqa in Siria per negoziare direttamente con il capo del gruppo jihadista dello ‘Stato islamico dell’Iraq e dell’Oriente’, cellula vicino ad Al Qaida, la liberazione di due ostaggi, i vescovi di Aleppo Mar Gregorios Ibrahim e Paul al-Yazigi. Un video su You Tube, datato 28 luglio, mostra le ultime immagini del gesuita, un uomo dalla figura imponente, mentre, sul sagrato della chiesa armena di Raqqa, parla di liberazione della Siria di fronte ad una folla di giovani in tripudio.