Venezia: Friedkin critica Usa, serve un nuovo Gandhi

VENEZIA. – La politica Usa (”L’America non può essere il poliziotto del mondo”), Hollywood ”diventata come un casinò”, le scuole di cinema (”lasciatele, il cinema si impara facendolo e vedendolo”) sono solo alcuni dei bersagli colpiti stamani al Lido con passione e ironia in conferenza stampa da William Friedkin, che oggi riceve alla Mostra del Cinema di Venezia il Leone d’oro alla carriera. Per il cineasta, 78 anni compiuti proprio oggi, autore di capolavori come L’esorcista e Il braccio violento della legge, ”il mondo è al limite dell’estinzione. L’America minaccia la Siria, l’Iran minaccia Israele, e così via. Non eravamo a questi livelli dalla fine della II guerra mondiale, solo che ora esiste la bomba atomica, si può solo sperare che non ci sia un pazzo che voglia usarla”. Poi alludendo ai modelli di Hollywood ha sottolineato: ”non c’è nessuno che voli in tuta di spandex e salvi il mondo, non ci sono Superman o Batman, ci sono solo esseri umani normali. L’unica soluzione è che il mondo ritrovi una nuova persona come Gandhi, Sadat o Martin Luther King, qualcuno pronto a mettere la propria vita in gioco per la pace”. Friedkin ha aggiunto: ”Quando vedo il nostro governo che minaccia un altro Paese mi vergogno. Credo che l’America non possa essere il poliziotto del mondo, nessuno può esserlo”. Per lui il compito del cinema ”è aiutare le persone a comprendere le rispettive differenze e a rispettarsi l’un l’altro. Come diceva Brecht l’arte non è uno specchio attraverso cui mostrare la società, ma un martello con cui trasformarla”. Proprio in questa prospettiva ha realizzato Il salario della paura (1977), tratto dall’omonimo romanzo di Georges Arnaud (già fonte per Vite vendute di Henri-Georges Clouzot, ndr), flop al botteghino all’uscita, poi diventato cult, che verrà presentato nella versione restaurata prima della consegna del Leone alla carriera in sala Grande. Il regista sa che molti fans sono più legati all’Esorcista ”perché parla del mistero della fede e della potenza di Cristo. E’ l’unica volta in cui abbia trattato temi cosi importanti in modo così diretto”. I suoi ultimi due film, Bug e Killer Joe (presentato alla Mostra di Venezia nel 2011), tratti da drammi del premio Pulitzer Tracy Letts (”Spero di fare un nuovo da un suo testo, magari un western contemporaneo”), erano produzioni indipendenti: ”Girare così mi ha lasciato più libero. Hollywood è diventata un casinò, muovono fiches, potrebbero fare milioni di film con quello che spendono per uno solo. Producono solo storie di gente che vola o di vampiri e a me non interessa fare quei film”. Il regista (che negli ultimi anni ha anche diretto opere, ora sta pensando a un nuovo Rigoletto con Placido Domingo, ndr) oggi guarda soprattutto capolavori del passato, come Otto e mezzo, Il tesoro della Sierra madre e tutti i film di Antonioni, ”però anche film nuovi dal resto del mondo. Fra gli italiani ho amato Il divo di Sorrentino e Gomorra di Garrone. Non mi ritrovo nella loro visione politica, ma sono film fatti molto bene”. Per lui invece ”in America oggi la tv via cavo è migliore del cinema, è più potente e importante. Penso a serie come I Soprano, Homeland e 24. Non so se da voi è lo stesso. Però a parte Sorrentino e Garrone, non arrivano molti italiani, mentre il vostro cinema nel passato è stato necessario”. Gli studios, quindi, come dice Spielberg, rischiano di implodere? ”Se succedesse non ci vedrei niente di male, tutto è destinato a implodere, è successo anche all’Antica Roma”. Infine per gli aspiranti registi ha tre consigli: ”saper comunicare con il cast e la troupe, essere aperti alle idee degli altri, essere onesti con se stessi. E se state frequentando scuole di cinema, lasciatele subito, comprate una videocamera fate i vostri film e metteteli online. Nessuno vi può insegnare a fare cinema, lo si impara facendolo e vedendo i grandi film di autori come Hitchcock”.

(Francesca Pierleoni/ANSA)