Egitto, scontri e violenze

IL CAIRO. – Nuove proteste e violenze in Egitto, con migliaia di manifestanti anti-governativi nel “venerdì decisivo” scesi nelle strade nonostante il massiccio spiegamento di forze militari, e con gli anti-Morsi in agguato pronti a colpire. Tre i morti al Cairo, secondo al Arabiya, dopo l’intervento delle forze dell’ordine per disperdere i Fratelli musulmani che sfidavano il coprifuoco. Altri tre in tutto il Paese. La giornata si è aperta con il monito dei militari sulla possibilità di infiltrazione di elementi armati tra i dimostranti: il portavoce dell’Esercito ha invitato in particolare la popolazione a prestare la massima vigilanza. Poi è arrivata la notizia di un primo attacco: uomini armati hanno aperto il fuoco contro un checkpoint a Heliopolis, il cuore politico e militare del Cairo, dove sorge il palazzo presidenziale e numerosi siti strategici militari. Un agente è rimato ucciso, un altro ferito. A mezzogiorno la preghiera, e puntuali le marce dei Fratelli musulmani, al Cairo, Alessandria, Mansoura, Tanta, Port Said, nelle città del Delta del Nilo. In decine di migliaia hanno sfilato nelle strade, con i cortei colorati del giallo e del nero del simbolo “4” di Rabaa, oramai assunto simbolo del movimento anti-governativo, che ha sostituito negli ultimi giorni anche l’effige di Morsi, un tempo prevalente. Massiccio il dispiegamento di forze militari, con i carri armati a presidiare i centri nevralgici, tutte le ‘piazze simbolo’ del Cairo chiuse, da Tahrir a Rabaa, passando per Ramses. Allo scoccare delle 13 i primi lanci di lacrimogeni, a Mohandessin, il quartiere centrale della megalopoli. Nel resto del Paese scoppiavano gli scontri, con i “residenti”, spesso ‘arruolati’ dal ministero dell’Interno a difesa dei quartieri, come annunciato alla vigilia dall’agenzia di Stato Mena, che hanno attaccato i pro-Morsi, fino ad assediarli a Bahna, nel Delta, dove sono dovute intervenire le forze di sicurezza per liberare i Fratelli musulmani, di fatto ‘ostaggio’ della folla all’esterno, armata di sassi e bastoni. Attacchi e intimidazioni che vanno avanti da giorni a Giza, il quartiere – è così grande che il termine appare più che riduttivo – che annovera le Grandi Piramidi. Giovani scalcinati tirano pietre da giorni davanti alle moschee, per impedire ai fedeli di radunarsi. E proprio a Giza, davanti alla moschea Itaqama, gruppi di giovani hanno attaccato i pro-Morsi da un cavalcavia. Sassi, bottiglie di vetro, pezzi di metallo, tutto è piovuto sulla testa dei dimostranti, che si sono difesi caricando i rivali lungo la salita della strada. In serata è tornata la calma, mentre i riflettori si accendevano di nuovo su Mohandessin, dove in centinaia hanno sfidato il coprifuoco e l’invito delle forze di sicurezza a lasciare la zona. I pro-Morsi hanno messo in piedi barricate di fortuna, appiccato qualche incendio, ma sono stati costretti ad arretrare dopo l’avanzata dei carri M113, i cingolati militari armati con mitragliatrici pesanti. Tre i morti, secondo le informazioni di al Arabiya che non hanno avuto conferme ufficiali. Nel quartiere proseguono le scaramucce e i tafferugli. In tutto il Paese, il bilancio ufficiale al tramonto è dunque di almeno 6 morti e 36 feriti. Incerto il numero dei fermati, dovrebbero essere centinaia. L’alleanza pro-Morsi ha affermato che nelle prossime ore inizierà la disobbedienza civile e darà vita a nuovi sit-in. Ma il venerdì “decisivo” come era stato definito dai dimostranti, si risolve con un nulla di fatto, e anzi chiude una settimana durissima per i Fratelli musulmani. Della leadership che ha guidato la Confraternita e il suo braccio politico, il partito Giustizia e libertà (Fjp), è rimasto a piede libero solo un alto responsabile, Essam el Eryan, vicepresidente del Fjp. E il tam tam che indica in Abdel Fattah Sisi vincitore dello scontro, unico in grado di riportare ordine e stabilità e prossimo candidato alle presidenziali diventa più insistente. Ma il generale Sisi, per ora, dice di no.

(dell’inviato Claudio Accogli/ANSA)

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