Egitto, i pro-Morsi tornano in piazza

IL CAIRO. – Migliaia di sostenitori di Morsi sono scesi di nuovo in piazza in Egitto contro il “golpe” e le loro immagini sono state ritrasmesse sul multi-schermo da Al Jazira-Misr, il canale egiziano dell’emittente qatarina che le autorità del Cairo hanno deciso di chiudere, ma che resta regolarmente in onda. E così il simbolo “4” fatto con la mano, a ricordare il massacro di Rabaa, oramai dominante nelle manifestazioni degli anti-governativi, è tornato a inondare le case degli egiziani. Al Jazira trasmette da Doha e manda in onda le immagini girate con i tablet e gli smartphone dagli attivisti pro-Morsi. Il risultato della decisione della giustizia amministrativa, che accusa l’emittente di non avere una regolare licenza per operare nel Paese, è quello di impedire nei fatti ai giornalisti di Al Jazira di lavorare in Egitto, dove avevano avuto già non pochi problemi, dopo la sequela di arresti, l’assalto alla sede, la confisca della strumentazione. Il Fronte liberale si dice preoccupato: “Faremmo meglio ad abituarci alla diversità di opinione e al fatto di vedere in tv anche idee antitetiche alle nostre”, ha detto Khaled Dawood, portavoce del Fronte di Salvezza, la principale piattaforma anti-Morsi, dimessosi in polemica con il sostegno all’uso della forza per lo sgombero di Rabaa e Nahda al Cairo, con centinaia i morti. “Se chiudono un canale ce ne saranno altri a nascere”, ha insistito Dawood, considerato il “braccio destro” di Mohamed el Baradei, Nobel per la Pace, vicepresidente del governo provvisorio fino al fatidico 14 agosto, quando le forze di sicurezza hanno iniziato a “ripulire” le piazze, poi anche per lui sono arrivate le dimissioni e addirittura una sorta di ‘autoesilio’ a Vienna, dove per anni è stato a capo dell’Aiea. E nonostante le manifestazioni, anche per i pro-Morsi sembrano scoccare le ultime ore: dopo il parere degli esperti del Consiglio di Stato egiziano, che ieri hanno raccomandato lo scioglimento della Ong creata dai Fratelli musulmani per superare il muro delle norme che sanciscono l’illegalità dell’adesione alla Confraternita, oggi anche il ministro della Solidarietà sociale, Ahmed el Borai, ha fatto la stessa affermazione: “è necessario ‘liquidare’ l’Ong”. “So che ci sono tensioni perché non ordino lo scioglimento, ma ci sono dei tempi tecnici e legali”, ha detto El Borai. A Suez intanto il tribunale militare ha condannato all’ ergastolo un esponente della Confraternita, altri 48 a pene tra i 5 ed 15 anni per le violenze nella città dal 30 giugno in poi. E continuano a scattare le manette per i responsabili di medio livello dell’organizzazione e delle sue affiliazioni politiche. Sono migliaia i pro-Morsi in carcere: la procura egiziana ha ordinato ispezioni in tutti gli istituti di pena dopo la denuncia presentata da una Ong, che afferma ci sono stati diversi casi di tortura in cella. Su un altro fronte, quello dell’anti-terrorismo, i militari continuano le operazioni in Nord Sinai contro elementi “jihadisti”. Gli elicotteri Apache hanno ucciso almeno 8 miliziani (15 secondo quanto riferito dalla tv di stato), mentre altri 15 sono stati arrestati. E’ solo l’ultimo blitz delle forze di sicurezza, che negli ultimi giorni sembrano essere riuscite a ribaltare a proprio favore gli esisti di quella che può essere considerata una vera e propria guerra, anche se su scala ridotta. Dopo l’ondata di attacchi e vittime tra le forze di polizia, tra i quali le 25 reclute uccise a sangue freddo due settimane fa, i militari egiziani stanno apparentemente guadagnando terreno tra le sterminate dune rocciose del Sinai.

(Claudio Accogli/ANSA)

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