Primo via libera ai raid. Ma strada ancora lunga

WASHINGTON. – Primo via libera ai raid di Obama, che in extremis incassa anche l’appoggio di John McCain. Al termine di una lunga giornata piena di tensione, con continui colpi di scena, la Commissione Esteri del Senato approva l’intervento armato, seppure con appena 10 si, 7 no e un astenuto. La partita si sposta quindi la settimana prossima, nell’aula del Senato, con un voto che conta sul serio. E qui i favorevoli dell’azione militare devono superare quota 60 favorevoli per scongiurare il rischio di ostruzionismo. Poi tutto si giocherà alla Camera, a maggioranza repubblicana. Insomma, una buona notizia per Obama che dalla Svezia s’era detto di nuovo fiducioso sulle decisioni di Capitol Hill, anche se certamente è ancora molto presto per cantare vittoria. Per adesso la Casa Bianca incassa il fatto importante che l’intesa bipartisan abbia retto alla prova del primo voto. E dire che per tutto il giorno si sono susseguiti i distinguo. Persino John McCain , a un certo punto, ha annunciato il suo voto contrario. Anche Rupert Murdoch, nella inedita veste di cronista parlamentare, su twitter riferiva che Capitol Hill era inondata da un numero record di telefonate contro la guerra ad Assad. Poi, durante una lunghissima seduta, al termine di una discussione senza esclusione di colpi, l’anziano ex candidato alla Casa Bianca è riuscito a far passare un paio di suoi emendamenti che hanno ‘indurito’ il testo. In particolare, è riuscito a inserire il passaggio secondo cui gli Stati Uniti, con questo raid, ”puntano a cambiare le dinamiche sul campo di battaglia in Siria”. Solo a quel punto ha votato sì. Detto questo, la risoluzione approvata ha mantenuto i due capisaldi della bozza bipartisan siglata in precedenza, e cioè un intervento ”a tempo” della durata massima di 90 giorni e mai nessun soldato Usa sul suolo americano. Ora, in attesa che il Senato segua l’indicazione della Commissione, il vero incubo di Obama è il voto della Camera, dove i democratici sono in minoranza. Qui, come segnala Politico.com, ci sono tanti ‘peones’ conservatori che prima di votare ascolteranno le proprie ‘constituency’, i propri elettori più che i propri leader. E non si tratta di una piccola truppa. Persino Kevin McCarthy, il ‘whipper’, colui che ha il compito di ‘frustare’ il gruppo Gop a votare compatto, non ha ancora deciso. E secondo le prime stime, circa l’80% dei repubblicani alla Camera è contrario all’attacco. Non a caso, il sito del Washington Post ha cominciato a pubblicare una sorta di pallottoliere per tenere aggiornata ora dopo ora la conta dei favorevoli, dei contrari e degli indecisi tra i 535 parlamentari che siedono a Capitol Hill. E al momento i numeri di questo ‘toto voto’ sono impressionanti: al Senato 20 a favore, 5 contro, 15 vicini al no e ben 60, la maggioranza, ancora indecisi. Numeri simili alla Camera: 17 sì, 46 no, 84 vicini al no, e 98 ancora indecisi.

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