Assad sposta le armi, il Pentagono allarga il mirino

NEW YORK – Il regime di Assad sposta truppe e attrezzature militari per proteggerle da un eventuale attacco militare americano, e il Pentagono reagisce ampliando la lista degli obiettivi da colpire. Anche al G20 di San Pietroburgo, Barack Obama ha detto che l’azione militare che gli Stati Uniti si preparano a lanciare in Siria è ”limitata e proporzionata”, ma negli Usa diverse fonti lasciano trapelare che ora i piani d’attacco prevedono, oltre ai Tomahawk lanciati dalle navi che incrociano nel Mediterraneo, anche l’utilizzo di bombardieri pesanti e stealth. Ovvero, secondo quanto ha scritto il New York Times, bombardieri B-52, che decollando dagli Usa possono arrivare in zona di operazioni e lanciare a loro volta missili cruise aria-terra, e anche B-1S dispiegati in Qatar, pure dotati di missili da crociera, e bombardieri B-2 stealth, basati in Missouri e dotati di bombe a guida satellitare.

Anche il Wall Street Journal ha riferito di nuovi piani per l’utilizzo di bombardieri, cosi come la Abc News, che parla di raid per almeno due giorni, che si andrebbero ad aggiungere al lancio di almeno 200 missili Tomahawk, e di una operazione “significativamente più ampia” di quanto anticipato. Il presidente Obama ha dato indicazione al Pentagono di sviluppare e estendere la lista dei potenziali obiettivi, in risposta a informazioni di intelligence sulle manovre delle forze siriane per proteggere uomini e mezzi impiegati nell’uso di armi chimiche, ha scritto il Nyt. E questo vuol dire che la lista dei circa 50 ‘target’ elaborata finora è destinata a crescere.

Per evitare ”catastrofi”, nel mirino non ci sono i depositi di testate caricate con gas letali, ma le unità militari che le gestiscono sì, e anche i quartier generali che li supervisionano, e i razzi, e l’artiglieria che le lanciano. Dal G-20, rispondendo ai giornalisti ad una domanda su tali informazioni, Obama si è limitato a dire che sono ”inesatte”, e ha aggiunto di non voler entrare nella questione, ma ha ribadito anche una volta che ogni azione sarà ”limitata”.

Il capo di Stato maggiore interforze Martin Dempsey, rispondendo ad una domanda in un’audizione in Congresso, ha detto che il costo previsto dell’operazione è di ”decine di milioni”. Una affermazione che mal si concilia con le ipotesi di un intervento più ampio, considerato che un solo missile Tomahawk costa circa un milione e mezzo di dollari.

D’altro canto, una reazione più muscolare all’uso di gas sarin che gli Usa attribuiscono al regime di Damasco potrebbe accontentare quanti in Congresso sostengono che una azione ”limitata” è pressochè inutile ed è necessario un intervento che sposti l’ago della bilancia a favore dell’opposizione. Al tempo stesso, sarebbe però malvista da quanti chiedono un’operazione limitata in termini di tempo e portata. Una posizione apparentemente condivisa anche da Israele che, secondo quanto scrive  sempre il Nyt, sarebbe a favore di un intervento per ‘punire’ Assad e mandare un monito all’Iran, ma al tempo stesso ritiene che l’attuale sostanziale parità nel conflitto, per quanto orribile possa essere dal punto di vista umanitario, sia preferibile sia ad una vittoria del regime di Assad con suoi alleati iraniani, che ad una vittoria dell’opposizione sempre più dominata dalla componente jihadista