8 settembre: Napolitano, saluto fuori programma ai giovani

ROMA. – Ricordare quanti sono caduti opponendosi al nazi-fascismo, permettendo così che i principi fondamentali della Repubblica – dalla libertà d’espressione all’uguaglianza – fossero sanciti nella Costituzione. Ma anche celebrare il senso profondo dell’ ”l’armistizio”, quell’abbassare le armi che dovrebbe significare relegare nel passato le ”trincee” e cogliere la ”sfida del futuro”. Questo è stato l’otto settembre nella lettura di due ragazzi che oggi a Roma hanno raccolto l’apprezzamento di Giorgio Napolitano. Fuori programma il presidente ha voluto salutarli personalmente e si è congratulato con loro. Cifra tonda, oggi per il ricordo dell’armistizio firmato da Badoglio nel 1943. Un passaggio determinate nella storia d’Italia, che se da un lato illuse gli italiani che la guerra fosse finita, dall’altro diede propulsione alla Resistenza. Sono passati 70 anni: un tempo lunghissimo attraverso il quale si sono formate piu’ generazioni che di quei drammi ed atti d’eroismo leggono sui libri di storia. Per questo oltre ad ascoltare gli interventi del sindaco di Roma Ignazio Marino e del ministro della Difesa Mario Mauro e salutare ex partigiani ed ex militari, nella cerimonia a Porta San Paolo il presidente della Repubblica ha riservato particolare attenzione alle parole pronunciate dal palco da Holger Lazzaro (studente della Scuola Germanica di Roma) e di Giulia Gazerro (liceo Mamiani). Due discorsi diversi ma complementari che bene fanno capire come commemorazioni di questo tipo non possano fermarsi ad un semplice e ripetitivo rito laico della Repubblica. Il giovane Holger, italo-tedesco e di origini ebraiche, ha raccontato di essere andato con ‘il Viaggio della Memoria’ ad Auschwitz-Birkenau con ”una grande curiosità per la la cultura ebraica. Essendo però anche tedesco e frequentando una scuola tedesca, avevo paura – ha sottolineato – di non essere accolto a causa del ruolo che la Germania ha avuto nella Shoah”. Di grande effetto anche un passaggio dell’intervento di Giulia che ha riferito il racconto di una partigiana che ben racconta l’atmosfera di allora: le donne chiedevano alle famiglie dell’Ostiense zucchero da dare poi ai morenti feriti nella battaglia di quei giorni. ”Armistizio significa abbassare le armi, uscire dalle trincee; guardare negli occhi la persona invece di spiare un nemico attraverso il mirino di un moschetto”, ha detto invece Holger Lazzaro. ”Ma abbassare le armi del pregiudizio, abbandonare il muro di trincea, quei sacchi di sabbia che finora ci hanno difeso, per affidarci alle mani di un altro, esige un atto di coraggio”, ha aggiunto. Ed oggi di ”coraggio” c’è bisogno per cambiare passo, per ridare slancio ad un’Italia bloccata da perduranti fossati ideologici, pesante eredita’ delle passioni del secolo scorso. Per questo il giovane studente della scuola germanica chiede alla politica ed alle istituzioni di ‘lasciare le trincee della paura e del rancore, che possono forse dare sicurezza, ma che sono allo stesso tempo una prigione, per liberarci definitivamente dalle catene del pregiudizio e affrontare insieme la sfide del futuro”. Di taglio piu’ storico l’intervento di Giulia – alla quale il presidente Napolitano successivamente ha domandato di fornirgli il testo – che ha con forza chiesto di ritrovare quella purezza morale che contraddistinse i faticosi anni della liberazione. ”Abbiamo il dovere di riconoscere nella Resistenza uno dei momenti più gloriosi della storia, nel quale 62.000 partigiani, tra cui anche giovani della nostra età, hanno dato la vita per regalarci un futuro migliore. Oggi essi rappresentano un modello di vita, di dignità, di coraggio, di chi dice “no” all’ingiustizia”. ”Tocca a noi – ha concluso la studentessa del Mamiani – fare lo sforzo di salvare una delle pagine della nostra storia: fare memoria è assai più che ricordare. Significa non solo richiamare alla mente alcuni fatti, ma trasfondere nel nostro spirito i valori che li ispirarono”.