Il Cav. studia il nuovo timing ma sfida il Pd: “Cacciatemi voi”

ROMA – Chiuso ad Arcore, in quello che ormai è diventato un vero e proprio bunker, Silvio Berlusconi ha trascorso l’ennesima giornata in un vorticoso giro di telefonate con la Capitale per tentare di acquisire qualche elemento in più alla luce dell’intesa raggiunta sul calendario della Giunta per le elezioni. Con i fedelissimi che lo hanno sentito diverse volte nel corso della giornata l’ex capo del governo è apparso ancora una volta di umore nero e tranchant in merito all’atteggiamento del Partito Democratico: la fretta di arrivare in Aula e votare la mia decadenza è solo una provocazione, si sarebbe lamentato, facendo presente che loro sanno perfettamente che c’è la sentenza di Milano sull’interdizione ma vogliono comunque arrivare prima.

Insomma è un Cavaliere per nulla incline a dare ascolto alle colombe la cui linea – comunque – sembrerebbe aver prevalso su quella dei falchi. Ma è da ‘falco’ la sua ultima reazione di ieri che registra un nuovo affondo: diciamo che il mio buonsenso finisce quando termina quello del Pd e comunque io non ho nessuna intenzione di dimettermi, mi caccino loro dal Parlamento.

Insomma, a sentire il Cavaliere il rischio di far precipitare la situazione è tutt’altro che scomparsa. Certo, come ormai accade in queste settimane, Berlusconi nel corso dei colloqui si misura con vari scenari (da quello di una crisi imminente, al sostegno leale di Letta) a dimostrazione che un vero piano di azione ancora non c’é. L’unico dato da registrare in questo momento è il pressing portato avanti dai figli e dai vertici aziendali nel chiedergli di non prendere decisioni affrettate e di valutare un passo indietro come gesto distensivo da inviare al Capo dello Stato in vista di un’ipotetica richiesta di grazia.

L’insistenza della famiglia per fare appello ad un gesto di clemenza al Capo dello Stato resta un argomento forte, anche se il Cav continua a dirsi contrario non nascondendo il suo forte scetticismo

– I miei figli si illudono – avrebbe detto  ad un amico di vecchia data – in cuor mio posso anche sperarci ma alla fine credo sia solo un’illusione.

Considerazioni che al momento però Berlusconi mette da parte scegliendo di fidarsi dei suoi ambasciatori che continuano a tenere aperti i canali di dialogo con il Colle. L’idea sarebbe quella di una nuova road map (che potrebbe avere l’avallo del Quirinale) che porterebbe intorno al 10 ottobre il voto in Aula per la decadenza a cui però non si arriverebbe perchè l’ex premier dovrebbe dimettersi annunciandolo direttamente in Aula.  Subito dopo, prima dell’arrivo della sentenza della corte d’Apello di Milano, verrebbe poi ufficializzata la richiesta della grazia al Capo dello Stato. Insomma un percorso concordato sul quale però il Cavaliere ancora non si è espresso. Ma che qualcosa si stia muovendo, che segnali sotterranei di disgelo stiano arrivando – è la sensazione che si ha nel Pdl – sarebbe dimostrata dalla nomina di Giuliano Amato alla Corte Costituzionale. Una personalità che lo stesso Berlusconi aveva candidato al Colle e che viene considerato non ostile nel delicatissimo ingranaggio della Consulta alla vigilia di scelte delicate.