Mafia: procura chiede condanna a 10 anni per Lombardo

CATANIA  – “Ho ritenuto che ci siano elementi solidi per affermare la responsabilità di Raffaele Lombardo per avere contribuito all’organizzazione Cosa nostra per circa 10 anni, fino al 2009”. E’ la “ricostruzione” del procuratore capo di Catania, Giovanni Salvi, alla base della richiesta di condanna a 10 anni di reclusione avanzata al Gup Marina Rizza a conclusione della requisitoria nel processo per concorso esterno all’associazione mafiosa e voto di scambio in cui è imputato l’ex presidente della Regione Siciliana.

L’ex governatore prima della conclusione dell’udienza, che si svolge a porte chiuse perché il procedimento è celebrato col rito abbreviato, chiede di potere fare spontanee dichiarazioni e annuncia di “rinunciare alla prescrizione del reato elettorale” per “rendere conto di tutto quello che ho fatto”, per cui, spiega, “se dovessi essere ritenuto colpevole di reato elettorale pagherò”, ma, “io sono innocente, combatto la mafia”.

Nata da uno stralcio dell’indagine Iblis dei carabinieri del Ros di Catania su presunti rapporti tra Cosa nostra, politica e imprenditori, l’inchiesta della Dda della Procura è incentrata su appoggi elettorali della criminalità organizzata a Lombardo. “Sulla complessa situazione deciderà il giudice – osserva il procuratore – ma alcuni dati di fatto sono lì, se poi costituiranno reato procediamo noi, se invece sono soltanto rapporti ‘dialettici’ con Cosa nostra dovrebbero provvedere altri”.

Dieci anni di reclusione sono “certamente una richiesta ‘pesante'”, riconosce il procuratore, anche a fronte di una pena minima di 12 anni prevista, dal 2008, per le ipotesi di reato contestati. Così la Procura di Catania si è “attestata sui minimi previsti, considerando anche – rimarca Salvi – il comportamento che ha tenuto durante il processo l’on. Lombardo, che è stato estremamente corretto: sempre in udienza e ha risposto alle domande delle parti. Ma abbiamo ritenuto – rileva il magistrato – di non potere riconoscere le attenuanti generiche, che avrebbe fatto ‘crollare’ la richiesta, seguendo l’orientamento su casi analoghi”.

Sul concorso esterno, reato reso ‘scivoloso’ dalla sentenza Mannino, la Procura ritiene di “avere seguito l’interpretazione più rigorosa, ma – rileva il magistrato – è materia in cui la giurisprudenza a volte non è univoca”.

– Io reati elettorali non ne ho commessi – contesta Lombardo – né, tanto meno, ho favorito direttamente o indirettamente, consapevolmente o inconsapevolmente, la mafia. Io e il mio governo regionale, ma questo vale anche per gli anni precedenti, con atti concreti abbiamo colpito duramente gli interessi della mafia. Non le sono estraneo, ma ostile. Dal 14 ottobre sarà la volta della difesa – chiosa l’ex governatore della Sicilia – e smonteremo pezzo a pezzo questa accusa virtuale, costituita su chiacchiere di mafiosi o presunti tali che molto spesso riferiscono voci mai suffragate da fatti”. (ANSA).

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