Russia accusa i ribelli su gas. Fazioso il dossier dell’Onu

MOSCA.- Nuovo braccio di ferro tra Mosca e l’Occidente a pochi giorni dall’accordo russo-americano per lo smantellamento dell’arsenale chimico siriano: mentre continua lo scontro al Consiglio di sicurezza dell’Onu sul ricorso o meno al capitolo VII (quello che autorizza l’uso della forza) nella risoluzione per l’attuazione dell’accordo, la Russia bolla come ”politicizzato, fazioso e unilaterale” il rapporto Onu sull’attacco chimico del 21 agosto e annuncia di aver ottenuto da Damasco nuove prove sull’uso di armi chimiche da parte dei ribelli. Secca la replica del Palazzo di Vetro: i risultati dell’inchiesta sono indiscutibili. Una manovra a tenaglia, per contestare le univoche interpretazioni occidentali, che leggono nelle conclusioni degli ispettori delle Nazioni Unite gli indizi chiari della responsabilità del regime siriano, mentre per Mosca si tratterebbe di una ”provocazione” dei ribelli. Teatro di questa mossa Damasco, dove una delegazione russa guidata dal vice ministro degli esteri Serghiei Riabkov ha incontrato la dirigenza siriana. Compreso Bashar al Assad, che ha pubblicamente ringraziato Mosca per il suo appoggio contro ”l’attacco feroce” e per il suo ruolo, che può contribuire ad un ”nuovo equilibrio mondiale”. E’ stato proprio Riabkov a lanciare la nuova offensiva diplomatica russa. ”Siamo a dir poco delusi dell’approccio del segretario dell’Onu e degli ispettori dell’Onu che si trovavano in Siria e che hanno preparato il loro rapporto in modo selettivo e incompleto, senza prendere in considerazione gli elementi che noi avevamo più volte segnalato”, ha spiegato il viceministro. ”Senza avere un quadro completo di quello che accade lì, non possiamo che considerare le conclusioni degli ispettori Onu come politicizzate, faziose e unilaterali”, ha aggiunto chiedendo che gli esperti esaminino anche altri episodi sospetti, antecedenti e successivi al 21 agosto. Su questo fronte è arrivata subito una risposta delle Nazioni Unite: gli ispettori, come ha annunciato il loro capo, lo svedese Aake Sellstrom, torneranno presto in Siria, mentre un nuovo rapporto sull’insieme delle accuse sull’uso di armi chimiche nel Paese potrebbe essere presentato ”eventualmente entro fine ottobre”. Nel frattempo, però, l’Onu, tramite il suo portavoce Martin Nesirky, ha replicato che i risultati del rapporto Onu sono ”indiscutibili”. Riabkov ha poi rivelato che la dirigenza siriana ha consegnato alla delegazione russa elementi che proverebbero il coinvolgimento dei ribelli nell’attacco del 21 agosto, elementi che Mosca è ”incline a considerare con la massima serietà” e che porterà al Consiglio di sicurezza. La Russia ha dovuto inoltre lavorare in salita per difendersi dai sospetti di aver fornito armi chimiche a Damasco anche nel suo passato sovietico, dopo le foto del rapporto Onu su un razzo al gas sarin con alcune lettere in cirillico. Per smentire è sceso in campo il capo dell’amministrazione presidenziale, Serghiei Ivanov, ex potente ministro della difesa: ”Posso dire con cognizione di causa che queste scritte in cirillico si trovavano sui razzi terra-terra prodotti in Unione Sovietica tra il 1950 e il 1960. Sono razzi molto vecchi e in epoca sovietica sono stati forniti a decine di Paesi, per esempio alla Libia, ma l’Urss non ha mai fornito gas sarin a nessuno”. Anche due esperti contattati dal quotidiano Vedomosti, poco sospetto di contiguità con il Cremlino, hanno identificato l’ordigno come un razzo sovietico prodotto nel 1967 nella fabbrica 179 di Novosibirsk, sostenendo che si tratta di armi obsolete e che l’esercito siriano dispone di munizioni più moderne, ”il cui uso sembrerebbe più logico”: considerazioni che, a loro avviso, depongono a sfavore dei ribelli. Mosca non fa mistero di continuare a fornire armi a Damasco, ma se si dovesse scoprire che ha venduto anche armi chimiche la sua posizione diventerebbe imbarazzante. Come rischia di diventare quella di Angela Merkel che, in piena campagna elettorale, è stata costretta ad assicurare che le quasi 140 tonnellate di sostanze chimiche vendute dalla Germania alla Siria non sono state usate per la produzione di gas sarin. E mentre papa Francesco ha lanciato un appello perché in Siria la “tragedia umana” si risolva “con il dialogo e la trattativa”, la guerra civile continua, con nuovi morti (almeno sette vittime per un colpo di mortaio nel centro di Aleppo) e nuove divisioni tra le forze dell’opposizione: ieri i combattenti dello Stato islamico in Iraq e Levante (Isis), la neo-sigla delle formazioni qaidiste in Siria, ha conquistato la città siriana di Azaz, nei pressi del confine con la Turchia, dopo giorni di combattimenti con i ribelli dell’Esercito libero (Esl).

(Claudio Salvalaggio/ANSA)

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