Stop all’Iva, un nodo

ROMA – Una mini-manovra, da 1,5 miliardi, arriverà rapidamente per limare il deficit di un decimale e consentire all’Italia di rispettare i ‘paletti’ fissati dall’Ue, portandolo al 3%. Il conto delle risorse che il Tesoro dovrà trovare da qui a fine anno è però più alto. E – considerando anche la cancellazione della seconda rata dell’Imu, le missioni militari e la Cig – sale a 5 miliardi. Che diventano 6 miliardi, se si conta anche lo stop all’aumento dell’Iva. Già perchè, nonostante il pallottoliere economico dica che spazi per bloccare questo aumento non ci sono, la volontà politica di evitare l’aggravio Iva è fortissima.

Il premier Enrico Letta è stretto a tenaglia tra il Pdl e il Pd, che ha visto tuonare contro il rischio dell’aumento il segretario Guglielmo Epifani:

– Chiedo al governo che non scatti l’aumento. Lo troverei profondamente sbagliato dopo aver tolto l’Imu.

Il presidente del Consiglio ha pero’ lasciato la porta ancora socchiusa.

– Sarà un tema in discussione nei prossimi giorni – ha detto – L’affronteremo con la nostra modalità, attenti alle cose concrete, alle cifre, ai dati.

I consumatori di Adusbef e Federconsumatori, che hanno preso l’impegno alla lettera, hanno subito scodellato una stima che indica, dall’avvio degli aumenti Iva, una perdita di gettito stimabile in circa 5 miliardi per la contrazione dei consumi che ne è seguita. Ma che il dibattito all’interno del governo non sia chiuso è chiaro anche dalla proposta del vice-ministro allo Sviluppo, Antonio Catricalà che – a mali estremi, estremi rimedi – avanza l’idea anche di ritorno agli odiati tagli lineari delle spese, pur di evitare l’aggravio.

– L’importante è mantenere le coperture – precisano comunque da Bruxelles, dopo aver ricevuto l’accusa di ingerenza nelle scelte ‘tecniche’ di un Paese. Strattonato da un lato dalla politica e dall’altro dagli impegni europei, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha ora davanti un vero e proprio tour de force. Si parte proprio dalla mini-contenimento del deficit.

“Il Governo si impegna ad assumere interventi tempestivi per mantenere il deficit entro la soglia del 3% del Pil nel 2013”, promette la nota diffusa dal governo dopo la riunione del Cdm. C’è poi il decreto sulle missioni militari, che arriva la prossima settimana e vale 300 milioni. Contestualmente il governo deve sciogliere il nodo dell’Iva. Quindi comincia la corsa per la legge di stabilità che sarà sarà affiancata da un altro decreto con valenza sul 2013: che dovrà finanziare la cancellazione del saldo Imu sulla prima casa (2,3 mld) e mettere ulteriori risorse sulla Cig (500-600 mln).

La legge di Stabilità, che Letta considera il ”cuore” della politica economica del suo governo, conterrà invece la riduzione del cuneo fiscale. E’ un capitolo che richiede – secondo Confindustria che la considera la ”cartina tornasole” del governo – almeno 4-5 miliardi a valere sul 2014. Risorse che potrebbero essere equamente divise tra il calo dei contributi e l’aumento delle detrazioni del lavoro dipendente. Non ci sarà bisogno, invece, di trovare risorse per Cig e missioni militari: il Tesoro ha già aumentato il deficit programmatico del 2014 di 3,2 miliardi proprio per queste spese. Dovranno invece esserci fondi per cancellare il previsto aumento dei ticket sanitari e per alleggerire la Service Tax che sostituirà l’Imu dal 2014. Difficile che si possa usare risorse della spending review.

L’annunciato arriva di un commissario è in stand by, proprio per le fibrillazioni del governo che non vuole bruciare, tra querelle politiche, candidati di prestigio. Si tratta però di un passaggio strategico. Dal 2015, tabelle del Def alla mano, il governo conta di realizzare 20 miliardi di manovre in un triennio. E si impegna a farlo proprio tagliando le spese. Si procederà invece con l’avvio delle ‘dismissioni’. Il governo, nel Def, conferma l’obiettivo di privatizzazioni per 1 punto di pil l’anno, dal 2013. Ma – come dice Saccomanni – quest’anno ”si romperà il ghiaccio”. Per poi procedere speditamente. Solo così si potrà tornare a far calare il debito che è tornato a volare alto, attorno al tetto del 133% del Pil, raggiungendo così un nuovo record assoluto: per trovare un livello più alto bisogna ri-arrotolare il nastro della storia e tornare al 1924, il difficile periodo tra le due guerre mondiali.

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