Asse Colle-Letta, basta ostruzionismi

ROMA  – ”Basta ostruzionismi: l’ultimatum quotidiano è inammissibile”: su questi concetti si stringe l’asse Letta-Napolitano che dopo le fibrillazioni sul caso Saccomanni torna all’attacco con un abile gioco di squadra per raddrizzare la traballante navicella governativa.

Il premier ha lasciato l’Italia per un importante mini-tour tra Canada e Stati Uniti che, al di lá della tappa alle Nazioni Unite, ha l’obiettivo di rendere di nuovo appetibile il sistema-Italia nel mondo. E per fare questo serve stabilità per agganciare la ripresa. E, da Roma, ci ha pensato il capo dello Stato a richiamare tutti all’ordine ricordando che in questa fase sarebbe un delitto ”sprecare” il vento della ripresa e che ”incertezze” o – peggio – ”rotture” del quadro politico non sarebbero tollerate.

Ma é il premier, riferiscono fonti governative e parlamentari, ad essere molto deciso sul fatto che quest’occasione non debba essere sprecata. E su questo, è pienamente appoggiato dal presidente Giorgio Napolitano: gli ”ultimatum e gli ostruzionismi” devono cessare e forse a questo punto è meglio andare ad un chiarimento politico che potrebbe essere il preludio di una vera e propria verifica di governo. Se, confermano le stesse fonti, l’intervista del ministro del Tesoro con il Corsera è stata giudicata ”imprudente” dalle parti del Colle, ciò non toglie che le preoccupazioni di Saccomanni siano ritenute più che legittime. Sará infatti molto difficile non aumentare l’Iva, si osserva in ambienti governativi.

Sull’Imu – imposta per la quale manca ancora la formalizzazione del taglio della seconda rata – le richieste del Pdl sono state esaudite perché il tema faceva parte dell’accordo di Governo. Ma sull’Iva non ci possono essere toni ultimativi perchè c’è la priorità di trovare soldi per lo sviluppo. Ma l’irritazione del premier si basa su un ragionamento semplice: la spesa pubblica si stima in circa 800 miliardi di euro e ci accusano di non saper trovare soldi nelle pieghe di questa spesa, ma poi quando arrivano in Parlamento provvedimenti di tagli, come l’abolizione delle province o il taglio del finanziamento pubblico, ecco che arrivano i veti.

– Basta ostruzionismi, i partiti mi scaricano tutto addosso ed io mi sono stufato di fare da tiro al piccione –  ha confidato il premier. Allora, come ha spiegato lo stesso Letta, il punto di svolta è la legge di stabilità perchè ”bisogna puntare tutto sullo sviluppo” ora che, come ha invece sottolineato Napolitano, si percepiscono venti di ripresa. Un presidente – raccontano fonti parlamentari – non ha nascosto le proprie preoccupazioni a chi ha potuto parlargli. Il capo dello Stato ha ripetuto che ”vanno abbassati i toni da parte di tutti”. E questo potrebbe valere anche per l’uscita di Saccomanni, si ragiona negli stessi ambienti.

Se da un lato al Colle emerge soddisfazione per la presentazione del testo sulle riforme elaborato dalla Commissione affari costituzionali del Senato (”un primo piccolo passo”), dall’altro il presidente non nasconde i suoi timori per un voto troppo ravvicinato che potrebbe provocare una implosione del sistema. Napolitano inoltre – lo ha fatto ben capire parlando dei provvedimenti sulla scuola – è dispiaciuto dal fatto che il Governo ha portato in porto diverse cose concrete ma tutto ciò non riesce a venire fuori, proprio a causa dei toni troppo alti e delle continue fibrillazioni della maggioranza.

Napolitano: “Non sprecare i venti della ripresa”
”Governo e Parlamento” procedano ”senza incertezze e tantomeno rotture”: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla vigilia del varo della Legge di Stabilità (la ex Finanziaria, che dovrà essere messa a punto entro metà ottobre) invia un messaggio chiaro alla strana maggioranza invitando i partiti a non sprecare l’occasione di agganciare la ripresa. Sì, perché come poco dopo assicura il premier Enrico Letta, la crescita sta per arrivare, basterà aspettare fine anno e il passaggio chiave sarà la legge di stabilità con il rilancio delle politiche a favore dell’occupazione. Parole che suggellano ancora una volta la sintonia fra Colle e Palazzo Chigi e che suonano come un altolà a chi genera fibrillazioni nei rapporti fra Esecutivo e partiti nonché una chiara difesa delle scelte del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni.

– Dobbiamo fare tutti la nostra parte – sottolinea infatti il Capo dello Stato – per far crescere i semi che appaiono per un miglioramento e cambiamento positivo della nostra situazione. I primi segni di ripresa si vedono – aggiunge Napolitano – e si riaffaccia la speranza di un nuovo più solido sviluppo, su basi più giuste, dell’economia e della società.

Per la ”coalizione”, spiega da Ottawa il premier Letta, il momento della verità sarà l’autunno quando prima il governo e poi le Camere dovranno affrontare la legge di Stabilità. Appuntamento al quale il presidente del Consiglio chiama anche le parti sociali:

– Confindustria e sindacati faranno parte di un lavoro comune: ci siamo parlati e ci parleremo.

Confronto tradizionale ma tanto più necessario questa volta che al centro ci sono le misure legate al mondo del lavoro a partire dal taglio del cuneo fiscale. Disegno che prevede che il titolare del Tesoro resti al suo posto. Il giorno dopo l’altolà di Saccomanni agli attacchi contro le politiche economiche e fiscali del governo, con tanto di ipotesi di dimissioni sul tavolo, se si registrano toni meno accesi è anche vero che le critiche da parte del Pdl continuano a fioccare.

Gli uomini di Berlusconi dicono no ai ”ricatti” e insistono ad invocare lo stop all’aumento dell’Iva.

– Le coperture ci sono. Sostenere il contrario – afferma Maurizio Gasparri – vuol dire essere irresponsabili e far saltare la stabilità di governo.

E così c’è chi come il presidente della commissione Lavoro della Camera e esponente del Pd Cesare Damiano gioca in difesa e invoca la convocazione di una cabina di regia ”per decidere la distribuzione delle risorse disponibili in rapporto alle vere priorità del paese”. Le esigenze infatti come accade sempre sono numerose e i fondi a disposizione inferiori alle aspettative. Anche perché governo e maggioranza devono fare i conti con le regole europee e riuscire dunque a rientrare sotto il tetto del 3% sul fronte del deficit per la fine dell’anno. Un obiettivo che ha un costo (1,6 miliardi circa), al quale occorre aggiungere tutte le altre spese considerate incomprimibili a partire dal rifinanziamento delle missioni all’estero e della cassa integrazione.

Se poi l’esito delle elezioni tedesche e la vittoria della Merkel possano rafforzare il fronte di quanti difendono la necessità di tenere i conti in ordine o il fronte opposto, come sostiene la deputata Pdl Deborah Bergamini (”L’auspicio è che in Ue si apra una fase due”), è presto per dirlo.

– Il tema non è rigore sí o rigore no – avverte però il presidente della commissione bilancio di Montecitorio Francesco Boccia (Pd) – ma è molto più ampio e vede contrapposti quanti ‘ vogliono un’Unione politica e fiscale e quanti hanno invece ancora dei dubbi.