La rabbia di Letta: “Il Pdl umilia l’Italia”

NEW YORK  – ”Domani, appena atterro a Roma, faccio la doccia e mi reco dal Capo dello Stato per discutere le modalitá di un chiarimento nel governo e nel Parlamento. Quanto é accaduto l’altro giorno, in sedi istituzionali, é stata un’umiliazione non tanto per me, quanto per l’Italia”. Enrico Letta reagisce con rabbia alla minaccia da parte del Pdl di clamorose dimissioni di massa, proprio nelle ore in cui rappresentava il nostro Paese sul palco dell’Onu. Un gesto, dalla tempistica certamente non casuale, che inevitabilmente ha oscurato la prima missione del premier negli States e il suo sforzo di presentare a New York un’Italia piú forte e piú credibile. Tuttavia, i venti di crisi che spirano da Montecitorio non fanno perdere al premier la sua calma e il suo ottimismo:

– Supereremo ogni ostacolo, la stabilità é un valore necessario – ha ripetuto anche ieri nella conferenza stampa alla Italian Academy della Columbia University. Però sa bene che di fronte al suo governo si prospetta una fase piena di incognite.

Letta non vuole che si usi la formula della verifica, che ricorda tanto la Prima Repubblica. Non dice esplicitamente se intenda chiedere un voto di fiducia, minacciare dimissioni e puntare a una nuova maggioranza. Ai giornalisti dice:

– Non parlo di queste cose, mi fermo qui. Voi correte troppo.

Per uscire dall’impasse pensa a un cammino lineare, il cui primo passo è il confronto con Giorgio Napolitano che sia l’altro ieri, sia ieri ha pronunciato parole che Letta dice di condividere ”dalla prima all’ultima”.

– Le modalità del chiarimento – spiega – verranno discusse assieme al Presidente che si conferma una guida ferma, un punto di riferimento centrale per il nostro Paese per tutta la comunità internazionale.

Letta ci tiene a evitare di rimanere impigliato in pratiche poco chiare, da ‘teatrino’ della politica:

– Penso a un processo che avvenga davanti ai cittadini italiani, non in stanze chiuse – si schermisce serafico. Tuttavia lancia il suo monito:

– A quel punto ognuno si assumerà le proprie responsabilità.

Sull’esito del ‘chiarimento’, Letta sa benissimo che pesa il problema dei problemi: la situazione giudiziaria di Silvio Berlusconi. E su questo tema, il premier ribadisce anche a New York la sua intenzione di tenere strettamente separata la vicenda processuale da quella del governo:

– L’ho fatto sin dall’inizio e continuerò a farlo.

Conferma di capire ”il disagio anche umano”. Tuttavia tiene il punto:

– Comprendere non vuol dire condividere chi dice che in Italia c’è stato un golpe, un colpo di Stato. Sono parole fuori luogo, il nostro è uno Stato di Diritto.

Usando toni morbidi ma netti, sottolinea che il principio del ‘Muoia Sansone con tutti i Filistei’ non aiuterebbe nessuno, a partire da Berlusconi. E certamente sarebbe ”un disastro per l’Italia”. Poi, quasi a lanciare un messaggio di disgelo, ricorda come nei suoi tanti incontri con la potente community business di New York ha presentato un paese cambiato grazie alla sua maggioranza di larghe intese.

– A tutti i miei interlocutori – spiega Letta – ho detto che i risultati ottenuti sono il frutto di 4 mesi di lavoro in comune, di tutti i miei ministri, nel segno dell’unità. Sarebbe uno spreco interromperlo.

 

Prende forza l’ipotesi del voto di fiducia

Il tentativo di far aprire una crisi al buio per ottenere elezioni anticipate attraverso una minaccia gravissima, come quelle delle dimissioni di massa dei parlamentari Pdl, va respinto immediatamente. Non si può dare al mondo l’immagine di un Paese allo sbando, dove il cuore delle sue istituzioni, il Parlamento, viene bloccato da un atto senza precedenti nella storia della repubblica. E’ troppo anche per Giorgio Napolitano che dopo giorni di paziente attesa alla finestra – in osservazione degli ‘stop and go’ dell’uomo di Arcore – ha capito che non si poteva più contare sul lavoro dei pontieri del Pdl, o sulle assicurazioni delle colombe. Doveva nuovamente scendere in campo lui per riportare il cerino in casa Pdl, per ribadire che le sentenze si rispettano, che nuove elezioni con il Porcellum per il Colle non sono neanche ipotizzabili. Ma soprattutto per concordare con Enrico Letta, che oggi, appena atterrato a Roma, dovrebbe incontrare i ministri del Pdl, una strategia comune, con una colonna portante: riportare la crisi in Parlamento.

Come? Attraverso una verifica di governo che potrebbe passare, si ragiona in ambienti parlamentari, anche attraverso un voto di fiducia da calendarizzare prima del fatidico 4 ottobre, giorno in cui si potrebbe realizzare la decadenza del Cavaliere da senatore.

Dopo una notte di riflessione – sempre in contatto (fuso orario permettendo) con il premier che si trovava a New York – il presidente ha preso carta e penna e ha vergato una dichiarazione durissima. Napolitano, che tra l’altro è stato presidente della Camera, non ha proprio digerito la minaccia al Parlamento, così come non ha proprio gradito le esplicite pressioni – giudicate inopportune e vagamente minacciose – ad intervenire venute da tanti esponenti del Pdl.

”E’ dato costitutivo di qualsiasi stato di diritto in Europa la non interferenza del Capo dello Stato o del Primo Ministro in decisioni indipendenti dell’autorità giudiziaria”, ha infatti chiarito senza possibilità di equivoco. Chiuso l’argomento agibilità politica di Berlusconi, rimane però tutto in piedi il problema di come puntellare il sistema sull’orlo del collasso, sia strutturale che emotivo.

Punto primo: calma e gesso. Nessuno parli ora di dimissioni del premier, di un Letta bis, di Governo di scopo e chi più ne ha più ne metta. Al Quirinale non è arrivato ancora nulla di ufficiale e si guarda con il consueto disincanto alle fibrillazioni del Pdl che ormai datano all’inizio dell’estate. Certo, Napolitano non sottovaluta la gravità del disagio del Pdl ma ricorda che c’è ancora tempo per esprimere in varie forme la solidarietà dovuta al leader ferito. Quel che conta in queste ore è riportare il dibattito nei canali giusti e far sapere pubblicamente al Paese cosa succede. Ecco perchè, dopo aver respinto al mittente le accuse di ”colpo di Stato” o di ”operazioni eversive” in atto contro il Cavaliere, Napolitano ha consigliato il giovane Letta di snidare il Pdl in Parlamento. O attraverso una verifica sui singoli provvedimenti o – più probabilmente – attraverso un voto di fiducia. Il tutto mentre la borsa già soffre e gli analisti snocciolano numeri rossi su quanto ci costerebbe una crisi in questa fase. Senza contare che ci sono in scadenza i nodi dell’aumento dell’Iva, della seconda rata dell’Imu e l’approvazione della legge di stabilità. Tutte questioni che toccano le borse dei cittadini che, lo dicono tutti i sondaggi, non vogliono nuove elezioni. E poi, quanti parlamentari saranno veramente pronti a dimettersi alla prova dei fatti

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