La peggiore strage di migranti dal dopoguerra

ROMA – E’ ancora presto per un bilancio definitivo dell’ennesima tragedia dell’immigrazione. Ma il naufragio di ieri di Lampedusa potrebbe essere la strage più grave dal dopoguerra che si é verificata nel canale di Sicilia. Visto che i sopravvissuti hanno raccontato di 500 persone a bordo del barcone andato a fuoco e poi affondato e che i superstiti per ora sono 155, il rischio é che alla fine si possano contare più di 300 morti.

Sinora la tragedia più nefasta accertata era la cosiddetta strage della notte di Natale del 1996: in un tragico tentativo di sbarco al largo di Capo Passero, persero la vita 283 clandestini tra pakistani indiani e cingalesi Tamil. Erano stipati su un mercantile che trasportava circa 450 immigrati. Il cargo si fermò tra Malta e la Sicilia, in attesa dell’arrivo di un’imbarcazione più piccola sulla quale trasbordare i migranti che dovevano raggiungere le coste siracusane. Un sistema adoperato dal racket dei clandestini per ridurre al minimo i rischi e massimizzare i profitti. Ma le cattive condizioni del mare provocarono un incidente: durante l’operazione la nave ”madre” speronò la carretta che in pochi istanti si inabissò con il suo carico umano.

Per molto tempo la tragedia rimase avvolta nel mistero,anche perché i cadaveri degli immigrati rimasero imprigionati dentro il barcone. Solo alcuni anni dopo le telecamere piazzate su un mini sommergibile, e l’inchiesta di un inviato del quotidiano ‘La Repubblica’, consentirono di localizzare il relitto e far luce sulla strage. Strage per la quale sono stati condannati a 30 anni di reclusione l’armatore pachistano Ahmed Sheik Turab, che organizzò il viaggio e il libanese El Hallal Youssef, comandante della nave madre.

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