Naufragio: stop ricerche in barcone. Sono 311 i morti in hangar

LAMPEDUSA (AGRIGENTO) . – All’ottavo giorno, il barcone della morte ha smesso di restituire cadaveri: non ci sono più corpi all’interno del peschereccio naufragato davanti a Cala Croce lo scorso 3 ottobre, non ci sono più quelle pile di uomini, donne e bambini che i sub hanno liberato uno ad uno prima di portarli via dal fondo del mare. Le ricerche all’interno del peschereccio sono state dichiarate ufficialmente concluse: “al termine delle immersioni da parte dei palombari della Marina e dei sub della Guardia Costiera, dei Vigili del Fuoco, della Guardia di Finanza e dei Carabinieri – dicono le Capitanerie – si può affermare che all’interno del peschereccio non sono presenti altri corpi”. Questo non significa che il bilancio attuale – 311 morti, 9 recuperati ieri, e 155 sopravvissuti – sia definitivo e, soprattutto, che le ricerche si fermeranno. Stando alle testimonianze dei migranti, sul barcone c’erano 518 persone e dunque all’appello ne mancherebbero ancora 52. Corpi che, come dimostrano i due migranti recuperati in mare a 2 miglia dall’ isola dei Conigli, potrebbero essere stati portati al largo dalla corrente. Si andrà dunque avanti a perlustrare il mare, sia con gli aerei e le motovedette, sia con i robot subacquei. Per cercare di recuperare fino all’ultimo essere umano che era su quel barcone. E si lavorerà anche a terra, per garantire condizioni di vita più umane per i migranti e meno disagi per i lampedusani. Va in quest’ottica l’annuncio del governatore siciliano Rosario Crocetta di aprire una nuova struttura sanitaria sull’isola per le cure anche di lungo periodo, al servizio sia di chi vive a Lampedusa sia di chi arriva dal mare. Non c’è invece al momento alcuna indicazione ufficiale né sulla data dei funerali di Stato delle 311 vittime, annunciati nel corso della sua visita a Lampedusa dal premier Enrico Letta, né sulle modalità e né sul luogo dove si terranno. Visto l’enorme numero di bare, la presenza dei sopravvissuti e l’arrivo a Lampedusa dei primi parenti delle vittime identificate, é molto probabile che la cerimonia si farà in quell’hangar all’aeroporto trasformato in gigantesco obitorio, il luogo dove le istituzioni italiane ed europee hanno forse capito per la prima volta cosa vuol dire morire di speranza. Non ne sa nulla il sindaco Giusi Nicolini, per la quale però i problemi sono altri, a partire dalle condizioni in cui vivono gli 800 migranti rinchiusi ancora nel Centro di accoglienza dell’isola. “In questo contesto e in questo momento i funerali di Stato non sono una priorità – dice non per sminuire la scelta del governo ma per chiedere altri interventi più urgenti – I lampedusani e i familiari delle vittime attendono piuttosto di conoscere i tempi e i modi con cui le oltre trecento bare presenti sull’isola verranno trasferite per raggiungere la destinazione finale”. La scelta del governo di proclamare i funerali di Stato è stata apprezzata anche da Roberto Maroni: “I morti vanno onorati – dice il segretario della Lega – perché è giusto e perché non hanno alcuna colpa”.

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