Letta decide nella notte: “L’Alitalia non si svende”

ROMA  – La partita si sblocca nella notte tra mercoledì e giovedì dopo aver esaminato tutte le possibilità per rianimare Alitalia, scivolata in un lento e inesorabile declino, e rimetterla sul mercato. Enrico Letta decide di prendere in mano il boccino della trattativa sulla compagnia aerea nazionale studiando tutti i dossier e le soluzioni praticabili.

Lunedì ascolta con attenzione Mauro Moretti, leader delle Ferrovie, martedì l’ad delle Poste Massimo Sarmi. E si fa una prima idea di come individuare il giusto partner per cominciare a dare al Vettore aereo discontinuità, stabilizzazione dell’azionariato e puntare dritto al cuore del problema: ristrutturarlo con un nuovo progetto industriale.

E la mossa del Cavallo del premier arriva dopo il consiglio dei ministri dell’altra sera. Il numero uno delle Poste arriva nottetempo a Palazzo Chigi. Letta lo fa salire nel suo studio dove ad attenderlo ci sono anche il sottosegretario Filippo Patroni Griffi, Zanonato e Lupi. La riunione è cominciata da un po’ di tempo nella sede del governo e il presidente, dopo aver riflettuto insieme ai suoi ministri sulle proposte in campo, prima soppesa i pro e i contro di un intervento delle Fs (forse troppo sbilanciato a sfavore di Alitalia rispetto all’impegno economico ipotizzato, si azzarda in ambienti parlamentari). E arriva alla conclusione che in questa fase sarebbe troppo complicato, anche se più in là non si possono escludere importanti sinergie.

Si concentra quindi sull’opportunità di un socio che abbia anche un know how specifico. Le Poste, attraverso la compagnia aerea controllata Air Mistral, possono garantire la condivisione di infrastrutture logistiche, informatiche e di controllo. E questo per il governo rappresenta un punto cruciale per avviare quella discontinuità che ad un certo punto Letta decide di imporre con un obiettivo sicuramente ambizioso: quello di non far vivacchiare Alitalia ancora un po’ e poi svenderla ma rilanciarla facendo fare a ciascun attore, anche gli attuali azionisti, la sua parte per bene e fino in fondo.

– C’è di mezzo la dignità del paese – avrebbe sottolineato a tutti i suoi interlocutori.

Un concetto che ha sintetizzato quasi plasticamente con l’idea di andare oltre la ”boccata d’aria” scegliendo un più complesso, ma alla fine benefico, ”trapianto di polmoni”. E ciò con l’intenzione di mettere sul piatto di qualsiasi trattativa, anche con Air France, non un calesse cedibile a condizioni capestro (come per esempio la richiesta di dare sostanza , come chiedevano i francesi, a 4000 esuberi) ma una azienda in grado di confrontarsi alla pari.

L’Alitalia potrà contare sull’innesto di capitali freschi per un valore di 300 milioni, di cui 75 provenienti dalle Poste, 150 da privati, e con altre formule comprese le obbligazioni azionarie. E con il governo che scende in campo da garante per dare fiducia agli azionisti, dopo il fallimento del progetto Fenice, e rendere Alitalia nuovamente competitiva e pronta ad affrontare qualsiasi trattativa decidendo da sola il suo destino in una cornice che rafforzi il progetto, punta di diamante del programma dell’Esecutivo, del ‘fare sistema’.

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