Usa, l’accordo all’ultimo respiro evita la possibile catastrofe

WASHINGTON. – Accordo all’ultimo respiro. A una manciata di ore dal baratro, il Senato americano ha raggiunto un’intesa bipartisan per evitare il disastro del default e riaprire lo Stato Federale. Un passo che ha fatto balzare in avanti la borsa di Wall Street, con 200 punti Dow Jones di rialzo in pochi minuti, e ha ricevuto il plauso di Barack Obama. La parola definitiva passa ora alla Camera, a maggioranza repubblicana, ma tutto lascia pensare che il Tea Party, il grande sconfitto di questo durissimo braccio di ferro, molli la presa.

In un clima da ultima spiaggia, sotto gli occhi preoccupati di tutto il mondo, i palazzi di Washington hanno vissuto l’ennesima giornata convulsa segnata da trattative continue pur di evitare il fallimento ‘tecnico’ della prima potenza economica al mondo dalle conseguenze catastrofiche per tutto il pianeta. Già l’altra sera, dopo il fallimento del blitz da parte dei deputati ultra-conservatori, era chiaro che il pallino sarebbe tornato al Senato.

E così è stato: per tutta la giornata il capogruppo democratico Harry Reid e il suo collega repubblicano Mitch McDonnell sono tornati al lavoro per limare la proposta iniziale, quella già benedetta dalla Casa Bianca la settimana scorsa. E alla fine, verso ora di pranzo, ambedue si sono presentati nel ‘floor’, l’Aula della Camera Alta, per confermare il raggiungimento di questa intesa tanto sospirata. I contenuti sono noti da tempo: la riapertura dello Stato federale sino al 15 gennaio, l’innalzamento del tetto del debito sino al 7 febbraio e modifiche fiscali marginali alla riforma sanitaria, la controversa Obamacare.

Insomma, una sorta di tregua che secondo alcuni osservatori non risolve i problemi ma li rinvia di qualche mese. Tuttavia, non è un risultato da poco, visto che senza un’intesa, seppure parziale, il rischio era il disastro globale. Alla fine, sempre che la Camera confermi l’accordo, il bilancio della vicenda, in pillole, indica che la grande sconfitta è la politica di Washington, sempre meno capace di rispondere in modo adeguato ai problemi del Paese. Andando avanti però, il risultato sembra essere favorevole al presidente. Come ricorda il suo portavoce Jay Carney, Barack Obama “non ha pagato alcun riscatto” per difendere i suoi principi, che tradotto significa che non ha accettato modifiche importanti alla sua Obamacare.

Di contro, il partito repubblicano appare ormai dilaniato come mai prima, spaccato verticalmente tra un’area moderata vicina agli interessi di Wall Street che ha avuto la meglio, ma a fatica, dopo uno scontro durissimo con gli estremisti del Tea Party, guidati dal loro nuovo leader, il senatore texano Ted Cruz. Sono loro, i ‘patrioti’ anti-tasse, i veri sconfitti. Anche la personalità di spicco del Grand Old Party in parlamento, lo Speaker John Boehner, è uscito quanto meno molto offuscato, costretto a mediare tra tutti, senza mai riuscire a imporre la sua leadership. Insomma, un panorama desolante per un partito che, come scrive il Washington Post, appare come “una collezione di truppe senza un capo riconosciuto”.

(Marcello Campo/ANSA)