De Benedetti: Ribaltare questa vecchia Italia

NAPOLI. – “Non sarò educato”, premette Carlo De Benedetti. Parla chiaro alla platea del convegno autunnale dei giovani di Confindustria. Usa anche la parola rivoluzione, e più di una volta, perché “va ribaltata dal profondo questa vecchia Italia”. Parla del declino morale, che pesa più del tunnel di una crisi di cui non vede l’uscita: “E’ sempre nero pesto”. E punta il dito contro la “cattiva politica”, da spazzare via come anche quel crocevia di interessi del ‘salotto buono’ della finanza “dal quale certamente ho sempre cercato di tenermi alla larga”, rimarca. Via anche questa classe dirigente che dovrebbe “lasciare il posto alla generazione di trentenni”, la sola libera “dalle incrostazioni”. E’ duro poi, l’Ingegnere, nelle critiche sul “perverso scambio di interesse” tra politica, imprese e banche che vede nel caso Alitalia; e su Telecom Italia “scarnificata in vent’anni fino all’umiliazione finale di vederla passare agli spagnoli con una operazione che ha dello scandaloso”: “nessuna trasparenza”, “solo una intesa più o meno sotterranea con le banche”. Europa e Italia sono “la zavorra della crescita mondiale”, avverte il presidente del gruppo L’Espresso e presidente onorario di Cir, che non crede agli spiragli di ripresa: “Non c’è un solo dato che ci induca davvero ad essere ottimisti”. “Quando sento parlare di segnali di ripresa che stiamo e dobbiamo agganciare penso subito che l’interlocutore stia provando a fregarmi”. Così anche per gli obiettivi preannunciati per la legge di Stabilità: poi, “dov’è la svolta? Dov’è l’ambizione del rilancio della crescita?”. Il premier Letta ed il ministro Saccomanni? “Due persone che stimo”; ma “cosa possiamo aspettarci, se non il minimo sindacale, da questo governo, da questa politica? In questa Italia? In questa situazione? Perciò serve una rivoluzione”. Pesa la crisi, pesa di più il “declino morale”, “il senso di frustrazione, quasi di avvilimento, che sta contagiando tutti”, gli imprenditori, ed anche i giovani “che devono invece essere la molla del rilancio”. C’è una “vecchia Italia” da spazzare via; dalla “cattiva politica” a certi “dirigenti generali dei ministeri”, al gioco di “cariche e incarichi” di “certe alte magistrature”, poi “i signori degli ordini professionali, gli eterni capi e capetti del sindacato, anche certe vestali della cultura”. Così il “grande tema che abbiamo di fronte è la classe dirigente da cambiare. Le consorterie da combattere. Le corporazioni da abbattere”. Ed una politica di cui la tragedia di Lampedusa ha mostrato “inutilità e carattere grottesco” scoppiando, come “una bomba”, “nel mezzo di una discussione oscena sulla possibile crisi di governo legata alle sorti private di Berlusconi”. Nelle parole di De Benedetti non mancano i cenni alle buone carte che comunque il Paese ha in mano. “Italia e italiani – dice – hanno grandi atout da potersi giocare”. Ricorda i punti di forza di un “Paese dell’eccellenza”. Ma “non ce la faremo se non avremo il coraggio di un cambiamento profondo”, una “rivoluzione” tra le contraddizioni di un Paese in cui “non c’è niente di normale”.

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