Polonia: Addio Mazowiecki, premier della svolta post-comunista

VARSAVIA. – La Polonia piange uno dei protagonisti della transizione post-comunista: é morto a 86 anni in un ospedale di Varsavia Tadeusz Mazowiecki, intellettuale cattolico ‘prestato’ alla politica che fu fra gli artefici discreti – in una stagione segnata da grandi figure carismatiche come quella di papa Wojtyla e di Lech Walesa – della svolta democratica del paese del 1989 e del ritorno dell’Europa oltre-cortina sulla strada della libertà. “E’ stato il nostro padre fondatore”, lo ha salutato il presidente Bronislaw Komorowski. “Oggi diamo l’addio a uno dei politici più eminenti del ventesimo secolo e a un uomo eccezionale, ma al contempo buono e modesto”, gli ha fatto eco il premier Donald Tusk. In segno di lutto sono state poste a mezz’asta le bandiere degli uffici pubblici di tutto il paese ed è stato annunciato il lutto nazionale in vista dei funerali. Nato a Ploch nel 1927, Mazowiecki studiò legge a Varsavia e come giovane cattolico impegnato si legò all’associazione Pax di Boleslaw Piasecki, attiva nel dopo guerra a cercare di strappare spazi d’iniziativa sociale autonomi in un difficile dialogo con il regime comunista di allora. Espulso da Pax sull’onda di una rivolta interna contro Piasecki, nel 1956 Mazowiecki con altri intellettuali fondò poi un nuovo movimento e nel 1958 partecipò alla creazione del periodico Wiez (Il legame) per dare una scossa ai giovani cattolici. Entusiasta di fronte all’apertura della Chiesa al mondo contemporaneo proclamata con il Concilio da Giovanni XXIII, Mazowiecki sostenne il vento del rinnovamento ecclesiale anche in patria e fu deputato fra il 1961 e il 1971 all’interno di un gruppo minoritario di cattolici denominato Znak (Il segno). Finché, dopo la repressione della primavera di Praga, perse definitivamente la speranza di poter contribuire a dare un qualunque ‘volto umano al socialismo reale’. Dagli anni Settanta aderì definitivamente al dissenso aperto e all’opposizione democratica contro il regime comunista. E con gli storici scioperi dell’agosto 1980 nei cantieri navali di Danzica si unì alla sfida del neonato sindacato Solidarnosc, divenendo uno dei più stretti consiglieri di Lech Walesa. A seguito della legge marziale introdotta dal generale Jaruzelski, il 13 dicembre 1981, Mazowiecki fu arrestato con migliaia di seguaci di Walesa e chiuso per diversi mesi in un campo d’internamento. Poi, dopo il rilascio, fu con lo storico liberale Bronislaw Geremek e con Jacek Kuron fra i promotori della tavola rotonda fra opposizione e governo: momento chiave di transizione destinata a culminare con la vittoria di Solidarnosc alle elezioni del 1989 e con l’avvento dello stesso Mazowiecki alla guida del primo governo non comunista polacco. Ruolo che lo vide impegnato sul fronte della ricostruzione democratica, ma anche, con l’economista Leszek Balcerowicz, su quello della ‘terapia di shock’ verso l’economia di mercato. Importante e simbolica fu inoltre in quegli anni la riconciliazione fra il popolo polacco e quello tedesco (dopo la sistemazione definitiva del problema delle frontiere), segnata dal celebre abbraccio tra Mazowiecki e Helmut Kohl durante una cerimonia a Krzyzowa, il 12 novembre 1989. Più tardi l’ex premier si sarebbe speso – da convinto europeista aperto al dialogo con tutti – per un allargamento coordinato di Ue e Nato in Europa centro-orientale. Lasciati gli incarichi di governo, negli anni ’90 fondò il partito liberale Unione democratica e una sezione polacca della Fondazione Schumann: adattandosi col tempo a un ruolo politico più defilato nella nuova Polonia secolarizzata, da padre nobile e coscienza critica del Paese. Molto stimato dal compatriota Giovanni Paolo II, Mazowiecki – cattolico democratico fino in fondo – non mancò di esprimere apprezzamento in una delle sue ultime interviste (rilasciata all’Ansa) anche verso il nuovo pontefice. “Tutta la nostra speranza – disse – è ora riposta in papa Francesco”.

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