Istat: I poveri raddoppiano, si risparmia su cibo e scarpe

ROMA. – Il segno della crisi può essere racchiuso in un solo numero: in Italia in cinque anni, tra il 2007 e il 2012, il numero dei poveri è raddoppiato fino a raggiungere quasi i 5 milioni di persone. I dati sono dell’Istat e fotografano gli individui entrati nella fascia della povertà assoluta, quella nella quale è davvero difficile tirare avanti. Un incubo che diventa realtà soprattutto per le famiglie nelle quali si è perso il lavoro, per quelle numerose, per quelle caratterizzate da un solo genitore con figli. E che sembra non finire: anche il terzo trimestre di quest’anno – ha spiegato il presidente Istat Antonio Golini – avrà il segno negativo, tanto che l’anno chiuderà con il pil a -1,8%. Ma il solo numero dei poveri non riesce a dare lo spessore delle difficoltà quotidiane. Se si vuole comprendere meglio bisogna guardare i consumi. Tirare la cinghia non è più solo un’immagine metaforica. Si risparmia sul cibo. E anche su abbigliamento e scarpe. Nei primi sei mesi del 2013 il 17% delle famiglie afferma di aver diminuito la quantità di generi alimentari acquistati, e contemporaneamente di aver scelto prodotti di qualità inferiore. Significativo anche il caso dell’abbigliamento e delle calzature: la quota di famiglie che ha limitato la quantità e la qualità dei prodotti, che era pari al 12,6% nel primo semestre 2011, è balzata al 18,3% nella prima metà del 2013. La strategia di contenimento della spesa comprende anche modifiche nella scelta del negozio: sale il ricorso agli hard discount (dal 10,4 del 2011 al 14,4% del 2013), vestiti e scarpe si comprano sempre di più sulle bancarelle degli ambulanti. A far precipitare nella povertà più pesante è l’assenza di lavoro. L’incidenza di poveri assoluti tra coloro che hanno il capofamiglia in cerca di lavoro è aumentata di 8 punti, salendo al 23,6%. Il quadro della situazione, tracciato dall’Istat nel corso dell’audizione sulla Legge di Stabilità, mostra segnali difficili da qualsiasi parte lo si prenda. Dai risparmi realizzati sui dipendenti pubblici, 6,6 miliardi tra il 2010 e il 2012, all’impatto del taglio delle detrazioni sui lavoratori, che vale in media 116 euro mese e del quale beneficeranno soprattutto le famiglie che stanno meglio. Già, perché sono quelle che hanno più di una persona che lavora, mentre ci sono 25 milioni di soggetti – ha spiegato sempre oggi la Corte dei Conti – che non ne vedranno i benefici. Tra loro soprattutto incapienti e pensionati, in pratica quelli ”in maggiore difficoltà economica”.

(Corrado Chiominto/ANSA)

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