L’equilibrismo di Enrico Letta

ROMA.- Uno sguardo sulla maggioranza delle larghe intese è sufficiente a capire quali doti di equilibrismo debba sfoggiare in questo momento il premier Enrico Letta: il Pd è in preda al caos del tesseramento gonfiato, il Pdl è sempre più spaccato tra falchi e colombe, e anche Scelta civica è sull’ orlo del divorzio tra montiani e popolari. Uno scenario a dir poco preoccupante nel quale la vera stabilità da conquistare è innanzitutto quella politica. Si dirà che in fondo tutte le grandi coalizioni hanno vissuto sul filo del rasoio, ma stavolta il problema è assai più inquietante perché tra le parti sociali, e anche in molti partiti, si sta facendo strada la convinzione che nessuna ripresa sarà mai possibile se il governo non riuscirà ad ottenere da Bruxelles l’autorizzazione a sforare i tetti del deficit. Si è fatto portavoce di questa necessità il presidente di Confindustria Squinzi, sulla scia di analoghe analisi giunte da Romano Prodi e da Gerard Schroeder. Pierferdinando Casini e un manipolo di parlamentari renziani si sono accodati. Purtroppo il governo italiano non sembra avere la forza di compiere questo passo, proprio a causa dello sfarinamento politico della sua base parlamentare e delle incertezze che accompagnano il cammino verso il congresso del Pd e la decadenza di Silvio Berlusconi. Guglielmo Epifani ha annunciato lo stop al tesseramento dopo le molte irregolarità registrate in varie province d’Italia. Una mossa che alla fine sarà accolta da tutto il partito sebbene ci sia chi, come Pippo Civati, lo ritenga una toppa peggiore del buco. Certamente i democratici non hanno dato una buona immagine delle procedure che accompagnano l’approdo alle primarie e anche il tentativo di Matteo Renzi di minimizzare quanto accaduto e l’ invito a parlare di questioni concrete lascia un’ombra su tutto il percorso. Tanto da indurre Ugo Sposetti, ex tesoriere dei ds, a criticare le regole che consentono praticamente a chiunque di votare per le primarie, anche a ladri o pedofili: battuta certo infelice ma che dimostra l’alta tensione che accompagna la corsa del sindaco rottamatore alla segreteria e l’ostilità di una parte rilevante dell’establishment verso la sua candidatura. Tensione altrettanto esplosiva nel Pdl. Silvio Berlusconi non riesce a mediare tra le due anime del suo movimento o forse non vuole nemmeno farlo, a giudicare dagli scivoloni nei quali incorre: i figli che si sentono perseguitati come gli ebrei ai tempi di Hitler rappresenta una forzatura che offende la comunità ebraica e che il Cavaliere ha ridimensionato senza riuscire tuttavia a nascondere il nervosismo. Il fatto è che l’ ex premier non sembra ancora aver accettato l’idea di dover abbandonare il seggio di palazzo Madama (come testimonia anche la battaglia dei suoi contro tutti, Giunta del regolamento, Consiglio di presidenza e lo stesso presidente Piero Grasso). La decisione di convocare il Consiglio nazionale per il prossimo 16 novembre contraddice i tentativi di Angelino Alfano di rinviare la conta interna: non si vede come si potrà evitarla. La via d’ uscita immaginata dai governativi sarebbe quella di una sottoscrizione incrociata dei due documenti di lealisti e innovatori, come in una trattativa d’affari: ma è chiaro che il rischio è invece quello di una spaccatura definitiva che farebbe tramontare ogni speranza degli alfaniani di giungere prima o poi al varo di una sorta di Ppe italiano insieme ai centristi. Spaccatura che del resto si è già consumata proprio sul versante di Scelta civica. I popolari hanno imposto al Senato come capogruppo il proprio candidato e i montiani, in minoranza, hanno abbandonato la riunione secondo una tentazione che invade sempre più spesso nella politica italiana. E’ probabile che i seguaci del Professore imporrano il loro candidato alla Camera (dove invece sono in maggioranza),ma certo all’opinione pubblica restano oscuri questi riti il cui risultato finale è quello di incrinare definitivamente la compattezza del movimento. Da tutto ciò deriva la delicatezza del compito del tandem Letta-Alfano nel momento in cui si parla di come modificare la legge di stabilità. I temi sono sempre gli stessi: casa, tasse, cuneo fiscale e sviluppo. Le richieste dei gruppi spesso in contraddizione tra loro. Il ministro del Tesoro è stato sconfessato ancora una volta sulla seconda rata Imu: dovrà essere comunque cancellata perché altrimenti gli alfaniani non potrebbero reggere la pressione degli oltranzisti. Ma il vero problema è come tentare di innescare una crescita che con questi numeri non può decollare: e qui c’è davvero buio fitto. (Pierfrancesco Frerè)