I falchi e le colombe del Pdl si danno battaglia

ROMA. – Gli ”attributi d’acciaio” Enrico Letta dovrà forse mostrarli prima in Italia che in Europa. La situazione economica, secondo le parti sociali, resta gravissima e piazza Affari è stata la prima a non dimostrare ottimismo dopo l’ennesimo taglio del costo del denaro da parte della Bce. Un po’ perché la speranza del premier di convincere la Germania a cambiare registro è collocata in là nel tempo, quando si aprirà il semestre italiano di presidenza Ue, e un po’ perché la strana maggioranza continua a soffrire le profonde divisioni interne a sé stessa ed ai partiti che la compongono. Il paradosso è che si sta dividendo anche il fronte delle cosiddette colombe del Pdl, la colonna più importante su cui conta Letta per proseguire la sua difficile navigazione. La decisione di Silvio Berlusconi di convocare il Consiglio nazionale prima della votazione della legge di stabilità e di quella sulla sua decadenza ha disorientato gli alfaniani che vorrebbero scongiurare la conta interna. Fabrizio Cicchitto ha ventilato la possibilità di disertare l’appuntamento ma Maurizio Lupi gli ha replicato che, se si parla tanto di unità, questa è l’unica cosa che non si può fare. Del resto Roberto Formigoni ha fatto sapere che il documento degli ”innovatori” ha già raccolto tante firme ed altre se ne potrebbero aggiungere in una votazione a scrutinio segreto. I falchi replicano che il voto segreto non è previsto dallo statuto (Mara Carfagna): intuita la crepa che si va aprendo tra i governativi, i lealisti vogliono tentare l’affondo sebbene tutti siano consapevoli che su questa strada il partito rischia davvero la scissione. C’è in questo scontro un elemento di oltranzismo (il rifiuto categorico di vedere decapitato politicamente il proprio leader) che forse nemmeno il Cavaliere è più in grado di frenare. La promessa dei governativi di ottenere risultati importanti sulla manovra economica e sulle riforme non fa nessuna presa sui falchi, pronti a rinchiudersi in un bunker dal quale sarà poi difficile uscire. L’impressione è che nulla si possa dire sull’esito della battaglia prima del voto finale in Senato sulla decadenza di Berlusconi: solo in quel momento, carico di tensioni ed emozioni anche umane, sarà possibile capire come finirà, come è accaduto del resto proprio sul voto di fiducia del 2 ottobre con la decisione a sorpresa del Cavaliere di appoggiare il governo. Tutto ciò lascia nell’incertezza il premier. Letta non può contare nemmeno sull’appoggio granitico del suo partito. La storia del tesseramento gonfiato ha assunto nel Pd la piega del regolamento di conti: Matteo Renzi l’ha minimizzata e se ne è chiamato fuori, Gianni Cuperlo l’ha giudicata circoscritta anche se gravissima, ma gli altri due candidati (Pippo Civati e Gianni Pittella) non sono affatto d’accordo. Civati accusa Renzi e Cuperlo di aver fatto finta di non vedere, Pittella parla di decisioni tardive, entrambi sono contrari alla chiusura anticipata del tesseramento proposta da Guglielmo Epifani. Il risultato di queste polemiche è l’immagine di un percorso poco limpido che rischia di avvelenare le primarie e anche il clima interno che dovrà affrontare il nuovo segretario. In attesa di vedere che cosa succederà nella terza gamba della maggioranza (Scelta civica), si può osservare che le liti si allargano alla legge elettorale (democratici, montiani e vendoliani hanno presentato un ordine del giorno per il doppio turno, ma il Pdl lo respinge), giustificando il pessimismo del ministro Quagliariello secondo il quale è difficile che le riforme possano vedere la luce. Allarmante diagnosi perché le larghe intese erano nate proprio per questo, come esplicitamente ricordato più volte dal capo dello Stato.

(Pierfrancesco Frerè/Ansa)

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