Riforme, preoccupazione Colle. Timori per la Legge elettorale

ROMA. – Allarme riforme nella maggioranza. La scissione tra Forza Italia e Nuovo centrodestra rischia di avere effetti ‘collaterali’ di non poco conto. Perché se gli ‘azzurri’ si metteranno all’opposizione, potrebbero decidere di non votare, nell’ultimo passaggio alla Camera, il ddl costituzionale con cui il governo ha definito l’iter delle modifiche alla Carta e della legge elettorale. E così farebbe mancare la maggioranza dei due terzi necessaria per farlo entrare in vigore subito, senza l’incognita di un referendum. Si creerebbe, insomma, una nuova impasse, che metterebbe in forte dubbio il programma di riforme in 18 mesi disegnato dal governo. Ed è per questo che, da un lato, nel Consiglio dei ministri di martedì dovrebbe essere varato il ddl costituzionale per la riforma del bicameralismo perfetto e la riduzione del numero dei parlamentari. Dall’altro, torna a farsi forte il pressing per una ‘clausola di salvaguardia’ della legge elettorale, che archivi il Porcellum senza attendere oltre. Anche il Quirinale, secondo quanto si apprende, sarebbe molto preoccupato per lo slittamento delle riforme che potrebbe verificarsi se FI passerà all’opposizione dopo il voto sulla decadenza di Berlusconi. Gli ‘azzurri’ hanno infatti già espresso in passato perplessità per l’iter disegnato dal governo, soprattutto per l’assenza della giustizia tra le materie oggetto di intervento. E potrebbero decidere di non votare il ddl costituzionale che rende praticabile quell’iter, con l’istituzione di un Comitato bicamerale dei 40. Senza i voti di FI, alla Camera (dove il testo potrà essere votato in ultima lettura dal 9 dicembre) difficilmente si raggiungerà la soglia dei due terzi. Il M5S, strenuo oppositore della legge, avrebbe il via libera per la richiesta di un referendum, che se pure non cancellasse la legge, allungherebbe i tempi a dismisura (visto anche l’appuntamento delle europee in primavera). Ecco dunque il binario parallelo che martedì il governo appronterà con il via libera al ddl del ministro Gaetano Quagliariello per riforma del bicameralismo e taglio del numero dei parlamentari, che è stato portato anche all’attenzione del Quirinale. Ed ecco perché, considerato anche l’imminente intervento della Consulta, si torna a parlare con insistenza di una ‘clausola di salvaguardia’, cioè di una legge elettorale pro-tempore, una sorta di normativa di emergenza che in caso di crisi improvvisa di governo consenta di tornare alle urne. Martedì l’ufficio di presidenza della commissione Affari costituzionali del Senato incontrerà Quagliariello, poi anche in base a quanto dirà il ministro deciderà se mettere al voto gli ordini del giorno per il ritorno al Mattarellum, tra cui quello di Roberto Calderoli. Un’ipotesi che non sembra dispiacere neanche a Matteo Renzi, che è tornato a definire la Mattarella una legge “migliore del Porcellum”, purché si garantisca la governabilità aggiungendo un premio di maggioranza del 25%. Un modello coerente con quello contenuto nella proposta di legge presentata da Anna Finocchiaro a inizio legislatura, che aveva un premio di maggioranza preso dalla quota proporzionale.

(Serenella Mattera e Anna Laura Bussa/ANSA)