Micheloni: “In pericolo il voto degli italiani all’estero”

ROMA – Voto degli italiani all’estero e rete diplomatica. Se ne parla da qualche tempo; in particolare, negli ultimi mesi. Oggi, tra noi italiani fuori d’Italia, rappresentano motivo di preoccupazione. Lo sa bene il senatore Claudio Micheloni, eletto nella Circoscrizione Europa, cui quei temi stanno molto a cuore. Con lui, in una umida serata autunnale, durante una pausa concessasi nel corso del dibattito per l’approvazione della Legge di Stabilità, affrontiamo questi argomenti.

– Cosa accadrà con il voto degli italiani all’estero? – è la nostra prima domanda, e non poteva essere altrimenti.

– E’ questa – ci dice – una domanda di grande attualità: cosa accadrà? Ho sempre pensato che la politica italiana, alla prima occasione, avrebbe tentato di sopprimere la “Circoscrizione Estero”. E’ un’impressione che ho dal 2006, quando arrivai in Senato e credo di averla già espressa al vostro Giornale. Oggi c’è un accordo tra Governo e Parlamento… c’è la volontà di modificare la nostra Costituzione; di modificarla nell’impianto istituzionale. Ecco dunque che si presenta l’occasione giusta per rinnovare la Camera dei Deputati e il Senato, prima, e la Legge Elettorale, poi. In questo contesto, non ci sarebbe nulla di sorprendente se si verificasse un attacco al voto all’estero.

Il Senatore sostiene che la congiuntura politica e giuridica è assai particolare. E ne spiega le ragioni:

– Sono stati insediati, due gruppi di personalità ,uno promosso dal presidente Napolitano e l’altro dal Governo. Al primo è stato dato il nome di “saggi”. Ebbene, nonostante la loro totale indipendenza si sono trovati tutti d’accordo su un punto, soltanto su uno: la soppressione del ‘Collegio Estero’.

Si esprime in tono pacato. Riflessivo. Nel suo ufficio, in piazza Capranica, si respira una strana aria di tranquillità. Sarà forse per l’ora in cui si svolge l’intervista, sono già passate le 19; sarà forse per la pioggia insistente, che però non ha scoraggiato i turisti che continuano imperterriti a vagare per le vie e viuzze della “città eterna”; o sarà forse per il silenzio che regna lungo i corridoi asettici, illuminati a giorno, e interrotto raramente dall’eco di passi affrettati.

– Il Comitato per le Questioni degli Italiani all’Estero, una volta analizzati i due rapporti – aggiunge il parlamentare – ha promosso un colloquio al quale hanno assistito Anna Finocchiaro, presidente della Commissione Affari Costituzionali, e Gaetano Quagliarello, ministro delle Riforme Costituzionali. A questo incontro, al quale ha partecipato anche l’on. Bafile, furono invitati anche i parlamentari di quei paesi europei che hanno rappresentanti eletti dalle comunità all’estero; rappresentanti eletti ovviamente con leggi e modi diversi dai nostri ma che coincidono in un concetto di fondo: la presenza attiva, nella politica, dei connazionali residenti all’estero. Croazia, Francia, Portogallo, Romania, Spagna.

L’iniziativa, spiega il senatore Micheloni, aveva uno scopo ben preciso: “dimostrare alla nostra politica che la presenza di parlamentari eletti all’estero da comunità residenti oltre frontiera non è una anomalia italiana”.

– In Svizzera – prosegue – è oggi in atto un dibattito sull’argomento. Hanno capito l’importanza delle comunità all’estero come elemento di promozione economica, culturale ed anche politica. Noi italiani, che in questo settore abbiamo innovato e siamo stati precursori, ora vogliamo distruggere quanto di buono è stato fatto.

– C’è la possibilità di arginare e contrastare questa matrice di opinione… questa tendenza?

Il nostro parlamentare si fa più pensieroso, più riflessivo. Con voce sommessa ci dice:

– La Camera dei Deputati, dopo il 9 dicembre, dovrebbe votare in quarta lettura l’emendamento di un articolo della Costituzione: il 138. E’ una modifica che permetterebbe a una commissione costituita da 20 deputati e 20 senatori di lavorare senza ostacoli ed in forma congiunta sulla riforma costituzionale. Dopo questo passaggio, ogni Camera svolgerebbe il proprio lavoro.

Comunque, di fronte al dubbio che questa riforma non passi alla Camera con il voto dei due terzi della maggioranza, nonostante la modifica dell’articolo 138 della Costituzione e malgrado la buona volontà dei parlamentari, il Governo ha annunciato che sta lavorando su un disegno di legge di Riforma Costituzionale che, qualora la Commissione di parlamentari dovesse fallire nel suo impegno, seguirebbe l’iter normale.

– Il ministro Quagliarello – afferma – l’ha già annunciato. E ha anche ripetuto che il Governo ritiene opportuno sopprimere la “Circoscrizione Estero”. Ha comunque assicurato di essere aperto a una presenza di parlamentari in rappresentanza degli italiani all’estero all’interno del Senato dei Territori e delle Regioni. In altre parole, gli italiani all’estero sarebbero considerati un’altra regione italiana. Questo sarà il punto da cui partirà la discussione. Purtroppo chi pensa che nonostante tutto non cambierà nulla semplicemente non prende atto della realtà.

– Perché questo impegno a distruggere l’impalcatura costituzionale costruita con tanto lavoro e tanto impegno? Perché negare agli italiani all’estero un diritto sancito dalla Costituzione?

– Io – sostiene – ho due spiegazioni. La prima, la politica italiana mostra, una volta ancora, i suoi limiti; limiti che vediamo nella gestione dello Stato nel territorio. E’ una politica assai provinciale e molto legata a interessi di gruppi di potere e di corporazioni. Questa è una caratteristica della politica italiana che in altri paesi non esiste.

Una breve pausa. E’ l’invito implicito a formulare una domanda che, d’altronde, sorge spontanea.

– E l’altra spiegazione?

– E’ inerente alla responsabilità delle nostre comunità e agli stessi parlamentari eletti nel ‘Collegio estero’  – esordisce -. Non voglio assolutamente dare lezioni a nessuno – aggiunge immediatamente -. Assumo le mie responsabilità. E’ evidente che noi parlamentari non siamo stati capaci di far passare il messaggio di forza rappresentativa e di ricchezza che potevamo essere per il Paese. Non siamo riusciti a farci percepire come una forza. Perché non ci siamo riusciti? – si chiede. E la risposta arriva puntuale:

– Qui si torna necessariamente alla responsabilità della politica nazionale. La “Circoscrizione estero” è stata vista come una riserva di seggi di cui fare incetta. Nessuno ha mai davvero pensato agli italiani che vivono fuori dal territorio. Insomma, alle nostre Collettività che dovrebbero giocare un ruolo un po’ più alto nel dibattito politico.

Spiega, poi, che nelle “tornate elettorali si è permesso l’ingresso alla criminalità organizzata”. E il tono della sua voce, pur sempre sereno e pacato, si fa più grave e sobrio.

– Ci sono esempi lampanti, soprattutto in America Latina ma non solo – ci dice -.  Credo che il Venezuela, purtroppo, si trovi in testa per ciò che riguarda questi problemi. Li conosciamo.

Rileva che in Europa si è assistito al caso eclatante di Nicola Di Girolamo, prima accusato di aver falsificato la sua residenza per potersi candidare nel Collegio estero e poi indagato nell’ambito di una inchiesta sul riciclaggio di capitali della ‘Ndrangeta. La richiesta di arresto nei suoi confronti da parte della Magistratura competente è stata motivata da imputazioni assai gravi: associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e al reimpiego di capitali illeciti, nonché la violazione della legge elettorale con l’aggravante mafiosa.

– Di Girolamo – prosegue il senatore – è ora agli arresti  domiciliari. Ma essersi resi permeabili a queste cose è di una gravità estrema.

E’ vero. Comunque lo è anche che questa realtà non coinvolge solamente la “Circoscrizione Estero”. La Legge Severino, d’altronde, è stata approvata a tutela della dignità istituzionale e come risposta alla corruzione dilagante e agli scandali crescenti della malapolitica. Lo facciamo notare al senatore Michelone che ci dice:

– E’ una sacrosanta verità. Ma pretendo, e sostengo, che questo, noi all’estero, non lo potevamo permettere, non lo dovevamo permettere.

Sostiene che, se da un lato il centrodestra è stato permeabile alla criminalità organizzata, dall’altro  “il centrosinistra non ha affatto brillato per lungimiranza”.

– C’è stata – afferma – una partita giocata dalle strutture rappresentative della nostra società. Hanno fatto di tutto, in Europa e in altre parti del mondo, per piazzare i propri candidati in Parlamento, con la speranza che questi potessero rappresentare i propri interessi a latere di quelli della Comunità.

Riconosce comunque il ruolo positivo che svolgono istituzioni, come ad esempio i Patronati,  ed apprezza i servizi che hanno dato e danno alle nostre Collettività.

– Dunque – prosegue -, anche noi abbiamo le nostre responsabilità. Quanto è accaduto nel ‘Collegio estero’ non doveva accadere. Ci troviamo a difendere qualcosa d’indifendibile. E non basta dire che in Italia è accaduto di peggio.

Dal voto degli italiani all’estero alla rete diplomatica. Anche questo è un argomento che sta molto a cuore al senatore Micheloni ed è, oggi, al centro di un interessante dibattito. Lui si batte per la ristrutturazione dell’intero impianto diplomatico che, a suo giudizio, deve essere riformato con visione lungimirante, moderna e con criteri di servizio.

– Noi – commenta – sosteniamo che abbiamo bisogno di una nuova diplomazia; una diplomazia che risponda realmente alle esigenze dell’Italia: bisogna essere presenti nei continenti emergenti per vendere il lavoro italiano, per vendere l’Italia, nel senso nobile della parola. Vendere prodotti italiani equivale a creare nuove fonti di lavoro.

Sostiene che oggi è necessaria una diplomazia abile e in grado di essere presente con forza in Cina, in India, in America latina… Insomma, in quei mercati emergenti avidi di prodotti e di tecnologia.

– Non abbiamo bisogno di ambasciatori alla ‘Ferrero Rocher’, né delle feluche del passato – spiega -. E’ invece indispensabile una diplomazia capace di trasformare l’Italia in un paese competitivo  nel mercato globale; di una struttura di servizi alle aziende  e agli italiani che risiedono all’estero. Per far ciò, è necessario abbandonare la visione classica della diplomazia… degli ambasciatori, dei consoli e del personale mandato da Roma.

– Si assiste, in questi mesi, a una riduzione degli organici nelle nostre ambasciate e nei nostri Consolati. Il Venezuela è un buon esempio, ma ve ne sono tanti altri in paesi ugualmente emblematici per importanza economica e per la loro storia come mecca dell’emigrazione italiana. Cosa sta accadendo?

– Questo – ci dice – è un punto che vorrei toccare. Noi, che rappresentiamo l’Italia politica, sosteniamo che abbiamo bisogno di una nuova diplomazia. Quella del ministero degli Esteri è una vera “casta”, molto più “casta” di quella politica. E’ facile dire che è tutta responsabilità nostra. Abbiamo una posizione molto chiara. Abbiamo sostenuto per anni la necessità di dialogare con l’Amministrazione. E invece, per la debolezza stessa della politica, l’Amministrazione va avanti da sola e si ‘auto-rinnova’ difendendo gli interessi propri e non la missione che la politica gli affida. La diplomazia si sta concentrando in uffici sempre più pesanti e dai costi inaccettabili. Noi chiediamo che si vada in un’altra direzione: meno consoli, meno ambasciatori nei paesi europei. Queste autorità che sono oggi in Europa potrebbero essere formate o sostituite da personale competente nei settori economici dei quali abbiamo bisogno. Per quel che riguarda invece i servizi, è sufficiente inviare una persona responsabile in missione e reperire il personale necessario in loco.

Sostiene che il “il Ministero va avanti per la sua strada”.

– E lo fa a tal punto – aggiunge – da obbligarci a depositare un disegno di legge delega al Governo per riformare il ministero nella direzione che ho spiegato. Meno diplomazia e più servizi – insiste -. Mi auguro vivamente che l’iter amministrativo, dopo l’approvazione della Legge di Stabilità, si metta in moto e che questo avvenga prima della fine dell’anno. Questa è l’unica risposta che ho trovato alle carenze di una amministrazione che non mostra d’avere nessuna intenzione, nessuna volontà di dialogo. Loro vanno avanti ad una velocità accelerata per mettere il Parlamento davanti ai fatti compiuti.

Prima di concludere questa nostra conversazione, nella serata che è già stata assorbita dalle ombre della notte, il senatore Micheloni si lascia andare ad una riflessione:

– Penso che se gli italiani all’estero volessero essere veramente percepiti come la risorsa che effettivamente sono per il Paese, dovrebbero acquisire una rappresentanza. Ciò non vuol dire autonomia dai partiti politici, non siamo degli ingenui, ma autonomia dagli interessi strettamente locali. Purtroppo questa autonomia non è stata sempre presente nella pattuglia parlamentare.

 

 Comites e Cgie, che senso hanno?

Ha senso, oggi, avere i Comites e il Cgie? E’ questa una domanda che in molti, in Venezuela, si pongono. Ma il Venezuela, si sa, non fa testo. I nostri rappresentanti non hanno mai brillato per presenza e iniziative. E oggi, dopo nove anni di evidente letargo, meno ancora. Ma in altri Paesi, i membri dei Comites e dei Cgie, nonostante le tante difficoltà e la carenza di fondi, continuano a lottare per svolgere il proprio ruolo e non deludere la Collettività che li ha eletti.

In questi giorni, a Roma, si è svolta la plenaria del Cgie. Il tema del rinnovo delle cariche, dopo nove lunghi ed interminabili anni, è stato di nuovo al centro del dibattito.

– Il tema della rappresentanza all’estero – spiega il senatore Micheloni –non si riferisce strettamente al voto ma ai Comites e ai Cgie. Gli attuali membri sono in carica da ben nove anni, visto che non c’è stato il rinnovo allo scadere dei cinque anni previsti dalla legge. Noi, come politica, chiediamo che sia rispettata la data del voto, fissata per il 2014. Il ministero degli Esteri si sta preparando per organizzare questo voto con sistemi telematici. E’ un procedimento che non possiamo accettare, come non lo può accettare il Cgie. Questi organismi, oggi purtroppo, sono svuotati di contenuti. La politica italiana – insiste – si chiede come avere una rappresentanza organica. Hanno alcun senso i Comites? Hanno senso i Cgie? Ha senso la rappresentanza parlamentare? C’e una riflessione di fondo su questi argomenti. Credo che questi problemi saranno affrontati dalla plenaria del Cgie ed anche dopo. E’ importante farlo per cercare di dare loro una vera soluzione.