Congo, droni italiani per cercare la pace in Africa

NEW YORK  – Droni italiani per cercare la pace in Africa. Cinque piccoli “Falchi” prodotti in Italia sono entrati negli arsenali disarmati delle Nazioni Unite per raccogliere dati di intelligence sulle attività dei ribelli nelle giungle del Congo orientale.

Il primo volo dimostrativo è decollato da Goma, presente il responsabile per il mantenimento della pace del Palazzo di Vetro Hervè Ladsous, diplomatici e giornalisti. Obiettivo Onu è di avere l’intera pattuglia in azione 24 ore su 24 entro marzo.

La Cia li usa per assassini mirati in Pakistan e Yemen, Jeff Bezos sta studiando come impiegarli per la consegna lampo dei pacchi di Amazon. Ora  l’Onu. E’ la prima volta nella storia del Palazzo di Vetro che i suoi caschi blu hanno a disposizione gli aerei senza pilota la cui tecnologia letale è stata sviluppata negli anni della guerra al terrorismo. I droni assegnati alla missione Monusco sono prodotti dalla Selex Es, gruppo Finmeccanica: lunghi cinque metri, dipinti di bianco con le insegne del Palazzo di Vetro lungo la fusoliera, hanno un raggio di azione di 250 km e autonomia di volo a media altitudine di almeno 12 ore. A bordo, non ci sono armi, bensì sensori ad alta risoluzione che consentono di vedere attraverso la fitta vegetazione della zona e individuare di giorno e di notte veicoli e persone a notevole distanza.

I droni saranno azionati da personale Selex a Goma: se il test pilota avrà successo potranno esser usati in altre missioni africane, nel Sudan del Sud ad esempio e in Costa d’Avorio. L’obiettivo in Congo è di aiutare i 20 mila peacekepeers a sorvegliare dall’alto la provincia North Kivu, ricca di minerali e pericolosissima per l’azione delle bande armate che i caschi blu dovrebbero neutralizzare con un mandato che include, se necessario, anche l’uso della forza.

I droni voleranno solo sul territorio congolese dal momento che Monusco non ha mandato di azione in nazioni vicine, ha spiegato il generale Carlos Alberto dos Santos Cruz, il comandante della forza di pace dislocata nel paese dal 1999 (si chiamava allora Monuc). L’azione di pattugliamento lungo il confine con Uganda e Ruanda dovrebbe servire a evitare che dalle nazioni limitrofe arrivino aiuti ai gruppi ribelli. Kigali e Kampala hanno negato le accuse secondo cui avrebbero appoggiato il movimento March 23 (M23) che il 5 novembre si e’ arreso dopo un assalto congiunto di forze congolesi e una nuova brigata di intervento Onu con un mandato offensivo senza precedenti.

Lascia un commento