Bocciato il “Porcellum”. Governo: “Avanti con la riforma”

ROMA – Il Porcellum è morto. Dopo anni di tentativi andati a vuoto in Parlamento, la Corte Costituzionale sentenzia la fine della legge elettorale che il suo stesso autore definì una ‘porcata’. Sono illegittimi il premio di maggioranza senza soglia e le liste bloccate, afferma la Consulta. E i partiti esultano, anche se la bocciatura del Porcellum, che era largamente prevista, li mette sotto accusa, per l’incapacità dimostrata a fare una riforma in Parlamento. Ora serve una nuova legge, dichiarano unanimi. Ma non sarà così facile, come dimostra un nuovo scontro in commissione al Senato.

Nelle prossime settimane, quando la sentenza sarà pubblicata con le motivazioni dei giudici costituzionali, la decisione della Consulta sarà efficace. Da quel momento la legge elettorale con cui si è votato nelle ultime tre legislature non esisterà più, per la cancellazione del premio di maggioranza e delle liste bloccate.

“Resta fermo che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali”, sottolinea la Corte. Ed è quello che si proverà a fare: non solo intervenire sulle due parti incostituzionali, ma varare una riforma complessiva. Si concretizza intanto il rischio paventato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che da mesi aveva indicato l’intervento della Consulta come il momento in cui si sarebbe potuto manifestare “il naufragio delle Camere”.

I partiti nei fatti si sono mostrati sordi in questi mesi alle sollecitazioni del capo dello Stato, che oggi non commenta la sentenza, sull’assoluta priorità di una riforma del sistema di voto. La legge elettorale sarà tra i punti qualificanti del discorso di mercoledì del premier Enrico Letta alle Camere. Ed è “una decisione ottima” quella della Consulta, secondo il vicepremier Angelino Alfano. Perché “non ci sono più pretesti o alibi” per non cambiare “con urgenza.

– Ora c’è ancora di più la spinta ad agire – osserva il ministro Dario Franceschini. E Gaetano Quagliariello, titolare delle Riforme, guarda al disegno più ampio di un intervento complessivo sulle istituzioni, “a partire da bicameralismo e riduzione dei parlamentari”.

– La sentenza era ampiamente attesa – sottolinea il segretario Pd Guglielmo Epifani -. La si smetta di mettere freni di ogni tipo al cambiamento del sistema di voto.

Più critici i toni di FI e se Silvio Berlusconi non commenta per ora la decisione, si dice convinto che la Corte costituzionale sia “un organismo politico della sinistra”. Tranchant Beppe Grillo, che non vede alternative al ritorno al voto con il Mattarellum, perché “i partiti, Letta e Napolitano non hanno più nessuna legittimità” e “solo un nuovo Parlamento potrà modificare la legge elettorale”.

Le Camere sono illegittime perché elette con un sistema incostituzionale: è la tesi del M5S, che a Montecitorio chiede di interrompere i lavori.

– Siamo tutti decaduti – dice Daniela Santanché. E FI concorda con i grillini: ci sono 148 deputati scelti con premio di maggioranza, la cui elezione non è stata ancora convalidata. Mentre al Senato, fa sapere il presidente della giunta Dario Stefano, la convalida è già stata effettuata. Ma è alla riforma, che si pensa nella maggioranza. Con la consapevolezza che la strada è ancora lunga e difficile. Innanzitutto, infatti, pur nella condivisione dei principi del bipolarismo e della restituzione ai cittadini della scelta dei parlamentari, manca ancora un accordo definito su un sistema condiviso: se nel Pd torna in auge il doppio turno alla francese, Ncd sarebbe disposta a dire sì a un sistema con doppio turno di coalizione solo per assegnare il premio di maggioranza.

Ma i problemi iniziano a monte, quando si discute sul metodo. Perché mentre Matteo Renzi chiede di portare la legge elettorale alla Camera, la commissione del Senato, dopo mesi di stallo, con un inatteso ‘colpo di reni’ decide di istituire un comitato ristretto sulla riforma. Una mossa, su cui si sono astenuti M5S e Sel, che di fatto trattiene la legge a Palazzo Madama. E spacca il Pd, con i renziani che denunciano il ‘blitz’.

Il timore è che nelle secche del Senato si lavori a un ‘SuperPorcellum’, un sistema proporzionale che sarebbe, afferma la renziana Di Giorgi, “l’humus ideale su cui perpetuare le larghe intese”