Ncd a Renzi accordo o crisi

ROMA – La legge elettorale passa alla Camera, la riforma costituzionale del bicameralismo partirà dal Senato. Matteo Renzi incassa il primo risultato politico della sua segreteria. Dopo la presa di posizione del suo Pd, i presidenti di Camera e Senato decidono di spostare la riforma del Porcellum da Palazzo Madama a Montecitorio. Tra i mugugni di mezzo governo.

Perché alfaniani, montiani e popolari volevano continuare al Senato e hanno invece visto prevalere una maggioranza trasversale formata da Pd, Sel e anche M5S. Al momento il leader Ncd Angelino Alfano, si ragiona in ambienti a lui vicini, ha accolto con favore la decisione anche se non abbassa la guardia nei confronti di Matteo Renzi circa i contenuti della riforma. Tanto da far dire a Gaetano Quagliariello che senza una intesa il rischio di una crisi di governo potrebbe esserci.

La preoccupazione del Nuovo centrodestra, ma anche di Scelta civica e Per l’Italia, è che un’intesa trasversale scriva adesso anche il testo della nuova legge elettorale.

– Non si può prescindere dalla maggioranza di governo – avverte Quagliariello, “o è crisi”.

Ma Renzi è pronto a farla anche con Berlusconi e Grillo, la riforma.

– Non accettiamo diktat da Alfano e i suoi 30 deputati – scandiscono i renziani.

La novità, per il momento, è che di legge elettorale non si parlerà più al Senato, ma alla Camera (e Roberto Giachetti dovrebbe perciò sospendere lo sciopero della fame). Lo decidono i presidenti Pietro Grasso e Laura Boldrini in un incontro a Montecitorio, dopo aver ascoltato tutti i gruppi parlamentari. Ad aprire la strada all’intesa, è la convergenza tra Pd, Sel e M5S nella I commissione del Senato. Quando infatti la presidente Anna Finocchiaro chiede di prendere posizione sull’opportunità di passare la palla alla Camera, centrosinistra e grillini dicono di sì, tutti gli altri (Ncd, Sc, PI, FI, Lega, Gal) dicono no. Ma sono minoranza: passa la linea renziana.

I due rami del Parlamento procederanno comunque in parallelo: mentre a Montecitorio si parlerà del sistema di voto, il Senato avvierà la riforma costituzionale del bicameralismo, con il taglio del numero dei parlamentari. Ma perché le leggi giungano in porto, serve “una chiara assunzione di responsabilità dei partiti”, avvertono i presidenti Boldrini e Grasso. Che vigileranno perché “le commissioni procedano parallelamente”, per “assicurare un più spedito e proficuo” iter.

La discussione nel merito delle riforme si apre però in un clima di tensione, nella maggioranza. Ncd non gradisce l’avvertimento di Renzi ad Alfano:

– Non mi lascerò rallentare, ho una mia exit strategy, un canale aperto anche con Berlusconi e Grillo.

E mentre Forza Italia mette il dito nella piaga dei ‘cugini’ (“Gli schiaffi di Renzi si fanno sentire”), anche i centristi esprimono disappunto. Pier Ferdinando Casini denuncia lo “scippo” della legge elettorale al Senato e l’apertura di “una fase di prepotenza che non promette nulla di buono”. Mentre il montiano Gianluca Susta avverte il Pd che Sc non si farà trattare da “servo sciocco”: basta “maggioranze variabili”.

Alfano per ora tace. Ma la posizione di Ncd è nelle parole di Quagliariello:

– Non si può prescindere dal governo. In quell’area va cercata un’intesa nel merito della riforma. Nei prossimi 15 giorni, al più tardi subito dopo la Befana, o la maggioranza trova un accordo, o è crisi. E ognuno si prenderà le sue responsabilità.

– Che fai, ci cacci? – è la replica ironica della renziana Ginetti. Mentre Dario Nardella avverte che Ncd “non è in condizione di dettare diktat” al Pd. Prova a chiudere le polemiche il ministro Dario Franceschini:

– Si parte ovviamente da un’intesa dei partiti di maggioranza, per poi cercare un accordo più largo in Parlamento.

– Polemica chiusa. Avanti tutta! – commenta Quiagliariello.

Ma la strada per un’intesa è ancora lunga.

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