Stop discriminazioni figli naturali-legittimi, è legge

ROMA  – Figli, e basta. Il governo ha varato un testo che mette la parola fine alle distinzioni tra figli naturali e legittimi. Con la riforma, cade ogni differenza e discriminazione tra i bambini nati da coppie sposate e i bambini nati fuori dal matrimonio: una platea di soggetti cresciuta negli ultimi anni di pari passo con i cambiamenti della società, e che oggi, secondo le ultime stime Istat, conta circa 134 mila persone, vale a dire un nuovo nato su 4.

Le novità erano già state annunciate a luglio, quando il Consiglio dei ministri aveva licenziato il decreto legislativo: primo passo al quale è seguito l’iter parlamentare con il contributo delle commissioni competenti che hanno dato il loro apporto e poi il via libera.Ieri l’ulteriore passaggio in Cdm per il varo definitivo: ora, praticamente, il testo è legge.

Dal punto di vista formale mancano solo due passaggi importanti, ma scontati in questo caso: la firma del Capo dello Stato e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. I cambiamenti introdotti sono di grande importanza e di grande impatto per la vita di tante persone e per i loro diritti. Si “toglie dal codice civile qualunque aggettivazione al termine figli: da adesso in poi saranno tutti figli e basta”, aveva detto a luglio il premier Enrico Letta, promotore dell’iniziativa legislativa insieme ad altri ministri, quando annunciò la novità.

– La riforma è una di quelle che si commenta da sé, non servono molte parole: ora tutti i figli sono uguali e sul piano del diritto quel che spetta all’uno spetta anche all’altro – aggiunge  il professor Cesare Massimo Bianca, che ha presieduto la Commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri a cui si deve l’elaborazione del provvedimento. Tante le novità introdotte. Sparisce, come detto, dal codice civile l’aggettivo “naturale” o “legittimo” aggiunto alla parola figli, resta solo quest’ultimo vocabolo e vale quindi il criterio di unicità. Criterio che viene esteso anche ai minori adottati.

Si passa dalla “potestà” alla “responsabilità” genitoriale, concetto più ampio e profondo, che guarda all’interesse del minore. Viene stabilito che la filiazione fuori dal matrimonio produce effetti successori nei confronti di tutti i parenti e non solo dei genitori. I termini per chiedere il disconoscimento di paternità scendono a 5 anni anni dalla nascita. Viene introdotto il diritto degli ascendenti – nonni, zii – di mantenere “rapporti significativi” con i nipoti minorenni, ferma restando la “valutazione delle istanze alla luce del superiore interesse del minore”. E si prevede anche il diritto dei minori di essere ascoltati nei procedimenti che li riguardano, se capaci di discernimento.

Il decreto porta, inoltre, a 10 anni il termine di prescrizione per l’accettazione dell’eredità per i figli nati fuori dal matrimonio. Quanto alla nozione di abbandono, si prevede che i tribunali dei minori segnalino ai Comuni le situazioni di indigenza dei nuclei familiari. Modificata anche la materia della successione con la soppressione del “diritto di commutazione” in capo ai figli legittimi fino ad oggi previsto per l’eredità dei figli naturali.

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