Sfida Letta-Squinzi sui conti e sul Pil

ROMA  – Nel giorno in cui la legge di stabilità viene precisata nei suoi contenuti definitivi, e il governo pone la fiducia su di essa alla Camera, la polemica scoppia non tanto sulle misure in essa contenute, quanto su quello che non c’è.

Ad accendere la miccia in pubblico è stato il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, che mercoledì aveva detto le stesse cose al premier Enrico Letta a quattro occhi a Palazzo Chigi:

– Questa legge di stabilità non è sufficiente ad aiutare una ripresa economica fiacchissima, con una disoccupazione alta fino a tutto il 2015.

Parole a cui Letta replica:

– La crescita ci sarà se non si sfasceranno i conti.

Ieri alla Camera il governo ha posto in aula la fiducia sulla manovra; il voto avverrà oggi in tarda mattinata, ma secondo il regolamento di Montecitorio occorreranno poi votare tutti gli ordini del giorno prima del voto sull’intero provvedimento, che potrebbe slittare a sabato.

Il Senato ha già fissato a lunedì pomeriggio la seduta per il sì definitivo. Ma al di là di questi passaggi parlamentari, ieri è stato il giorno del duello a distanza tra il presidente di Confindustria e quello del Consiglio.

Squinzi ha preso spunto dai dati dell’Ufficio studi di Confindustria, che dipinge uno scenario a tinte cupe: una ripresa fiacchissima l’anno prossimo, che non porterà giovamenti sull’occupazione, con rischi per la tenuta sociale del Paese. In questo contesto il presidente degli Industriali ha ribadito quanto ha sempre detto a proposito della legge di stabilità:

– Certamente non è quello che ci aspettavamo e pensiamo che non sia sufficiente per far ripartire il Paese.

Per altro giudizio condiviso dai leader di Cisl e Cgil, Raffaele Bonanni e Susanna Camusso. L’idea di Squinzi, ma anche dei sindacati, era quella di una manovra con un volume più ampio, con un maggior impatto sull’economia reale. E se questo non era possibile, come ha ribadito mercoledì Letta a Squinzi, allora le risorse andavano concentrate sul taglio delle tasse.

A fare da punching ball però Letta non ci sta e, seppur col consueto tono pacato, il premier da Bruxelles ha replicato punto su punto, a partire dalla legge di stabilità e dal calo delle tasse:

– Gli imprenditori dovrebbero rendersi conto – ha detto – che perchè ci sia crescita ci devono essere complessive condizioni: gli interessi bassi è uno di questi, le tasse basse è un’altra; la legge di stabilità comincia a far scendere le tasse, gli ulteriori interventi arriveranno dall’anno prossimo.

E poi come premier lui ha “la responsabilità di tenere la barca Italia in equilibrio” in che significa “la crescita senza sfasciare i conti”. Anche perché “Confindustria dovrebbe sapere che tenere i conti a posto vuol dire far calare gli spread, come oggi che abbiamo raggiunto il punto più basso in due anni”.

Ma il Governo si vede aperto un altro fronte, questa volta istituzionali, con i Comuni che alzano la voce per i tagli subita con la legge di stabilità, che gli potrebbe impedire di varare delle detrazioni per le famiglie sulle nuove imposte sugli immobili (Iuc).