Gay nel mirino, l’Uganda ora li punisce con l’ergastolo

ROMA  – L’Uganda non è un Paese per i gay. Il Parlamento di Kampala ha infatti approvato a larga maggioranza una legge che inasprisce le pene nei confronti degli omosessuali, prevedendo anche l’ergastolo per i recidivi. Escluso invece il ricorso alla pena capitale, come era stato proposto nei mesi passati da alcuni parlamentari, che chiedevano pene draconiane per proteggere i valori tradizionali della famiglia, messi ‘sotto attacco’ dai gruppi gay che si ispirano ai Paesi occidentali.

– Proprio perché siamo una nazione che teme Dio abbiamo dato il via libera a questa legge, al di là di quello che pensa il mondo – ha affermato David Bahati, padre della legge, alla Afp.

Era dal 2009 che i politici dell’Uganda, Paese a maggioranza cristiana, dibattevano su questo testo, che ancora deve essere firmato dal presidente Yoweri Museveni. Una legge che già sul nascere aveva ricevuto condanne a livello internazionale con il presidente americano Barack Obama che lo aveva definito addirittura “disgustoso”. Moniti che però non hanno fermato il lavoro dei parlamentari che ora possono brindare nella loro crociata moralistica.

Grande preoccupazione è stata espressa da numerosi attivisti gay, già in passato oggetto di minacce sia verbali che fisiche di gruppi omofobi e adesso più che mai terrorizzati. In base alla legge, che punisce anche la propaganda omosessuale, c’è infatti il rischio che nel Paese si instauri un clima di ulteriore intolleranza e discriminazione.

– Sono ufficialmente nell’illegalità – ha osservato Frank Mugisha, un attivista. E’ un mondo alla rovescia quello che si prospetta ora in Uganda e in gran parte dei Paesi africani (Sudafrica escluso), se rapportato alla maggioranza dei Paesi occidentali, dove invece il movimento lgbt guadagna – anche se a rilento – spazi sempre più ampi di libertà e movimento. Solo ieri la Corte Suprema del New Mexico ha stabilito che è incostituzionale negare la licenza di matrimonio a coppie dello stesso sesso, legalizzando le nozze gay nello Stato, che diventa così il 17esimo negli Usa dove sono legali i matrimoni tra persone dello stesso sesso.

In India, intanto, il governo guidato dal partito del Congresso di Sonia Gandhi, è passato dalle parole ai fatti presentando ricorso davanti alla Corte Suprema contro una sua sentenza con cui si confermava la validità di un articolo del Codice penale che criminalizza l’omosessualità. La sentenza, pubblicata l’11 novembre scorso, ne cancellava un’altra, storica, firmata dall’Alta Corte di New Delhi nel 2009 che aveva bollato come “incostituzionale” quell’articolo, aprendo spazi nuovi alla comunità gay indiana, anche sotto il profilo della lotta aperta, e non clandestina, a gravi malattie come quella dell’Aids.